Innovazione e vissuto: un connubio imprescindibile

Azzardiamo un sottotitolo: Salto sul modo di vivere, ma ancorato ai valori umani.

L’innovazione dei prodotti e dei servizi è stata da sempre – ma in particolare in questi ultimi decenni – l’obiettivo strategico delle aziende; in particolare, forse, è diventato il faro delle StartUp per emergere nei mercati di tutto il mondo.

Ma innovare implica una profonda cultura aziendale, non solo a livello di Vision ma anche di Organizzazione aziendale. Perché realizzare una strategia implica chiarezza di comunicazione, coinvolgimento sull’obiettivo di tutti i livelli aziendali, ma anchee necessariamente, metodologia e organizzazione del lavoro dentro l’azienda per tradurre nella realtà quello che da visione deve diventare un prodotto o un servizio concreto immesso sul mercato e tale da catturarne l’interesse.

Ora leggendo su “Mark Up” (articolo citato a fondo pagina) una serie di articoli sul tema dell’innovazione, si può riflettere su quanto si stia scrivendo sul tema dell’innovazione e delle StartUp, ma invece su quanto poco si dica su come le diverse realtà si organizzano al loro interno perché quella vision diventi realtà. Nei vari convegni si è spesso concentrati sul che cosa si vuole, ma in pochi sul come ottenerlo in termini operativi (organizzazione e cultura).

Non intendiamo assolutamente, con questo, sminuire il valore di quanto emerso in sostanza dal convegno e riportato nell’articolo relativo (che, al contrario, invitiamo a leggere). In esso si sottolinea il concetto di innovazione dell’attività umana, purchè condizionata dal vissuto, dalla esperienza, dal pensiero, orientata alla creazione di un valore più elevato, assolutamente espresso in termini umani e tale da tener conto del consumo di risorse temporali e mentali richieste all’utente. Pertanto, innovazione tale da andare oltre il prodotto.

L’informazione sempre più diffusa e accessibile alimenta la sfida dei big data e dei suoi algoritmi (Francesco Morace), ma non sembra più in grado di plasmare il senso e il significato della nostra esistenza” (ossia il valore di cui stiamo parlando). Di qui, la necessità di puntare sulla:

  • Conoscenza, più che sulla potenza e quantità della informazione
  • Consapevolezza di chi sa ragionare, più che sul calcolo computazionale
  • Intuizione umana sulle convinzioni profonde, più che sulla potenza di elaborazione delle macchine
  • Capacità di leggere il contesto, di dare spazio alla intuizione e alla fantasia.

Ma attenzione, perché il cambiamento radicale dei modelli esistenti, a differenza di un percorso di evoluzione progressiva, può determinare grossi problemi a livello personale e sociale, e pertanto impone la necessità di integrare l’innovazione con il tradizionale.

Buona lettura!

 

Da: Mark Up, 9 settembre 2017, estratto da pag.40-48, “Innovazione, nonsolostartup”, a firma Francesco Oldani.

Cosa sta cambiando nel mondo delle Imprese?

Lo sviluppo della tecnologia informatica promossa dal Piano Industria 4.0 sta determinando una rilevante evoluzione delle aziende, costrette a operare su un mercato globale sempre più digitalizzato. La catena globale del valore per le imprese nate dalla spinta del progresso tecnologico e dalla globalizzazione dei mercati, ha portato alla delocalizzazione delle fasi produttive nei paesi emergenti, soprattutto nel caso di aziende che necessitano di un elevato impiego di manodopera.

Oggi, tuttavia, la tendenza alla delocalizzazione sembra in fase di esaurimento, se non di inversione, a seguito dello sviluppo della tecnologia digitale e della robotica. Riprendiamo due articoli apparsi su “L’impresa” del 31 maggio scorso che fanno il punto sulle conseguenze, nel mondo delle Pmi, dell’evoluzione della digital transformation e della integrazione delle tecnologie Ict nel processo produttivo.

In particolare, nei settori del manifatturiero e dei servizi high tech:

  • robotica e intelligenza artificiale (la Robot Economy) vengono impiegate per eseguire nuove attività lavorative a un costo inferiore a quello umano
  • mobile, cloud computing, analisi dei big data, soluzioni tecnologiche (Digital Analytics, User Experience) per interpretare al meglio i dati di business ai fini tattici e strategici, dovrebbero determinare un elevato cambiamento organizzativo, il miglioramento delle prestazioni complessive di business e l’aumento del ROI.

La digitalizzazione diventerà un fattore strategico anche per la competitività, sia per l’arricchimento che apporterà al servizio, sia per la raccolta di dati sulla operatività giornaliera che renderà possibile migliorare l’efficienza dei processi, cioè produttività e catena del valore. In fine, aumenteranno gli input forniti alla R&D.

Se da un lato questo rende credibile l’ipotesi di rilancio della crescita nel medio termine, dall’altro implica una scelta sugli investimenti da parte delle imprese per la realizzazione del salto tecnologico sopra descritto.

Quando StartUp e Pmi utilizzano tecnologie digitali innovative riescono a crescere due o tre volte più velocemente; per i prossimi 5-10 anni è prevista una crescita esplosiva di questo comparto, sia nelle Pmi che nelle grandi imprese, e questo porterà forti incrementi sia nella produttività che nei livelli occupazionali. Ma gli indicatori relativi a questi aspetti evidenziano che in Italia questo processo è più lento che negli altri paesi UE.

Il Piano 4.0 per il periodo 2017-2020 incentiva gli investimenti innovativi, le infrastrutture di rete, lo sviluppo di competenze e know-how attraverso un iper-ammortamento (in aggiunta agli incentivi già in essere, come la Nuova Sabatini, il Super-ammortamento, il credito d’imposta per la ricerca, la Patent Box) del 250% per gli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie che rendano possibile la trasformazione delineata dal Piano stesso.

Si ritiene che i primi investimenti delle Pmi riguarderanno la information technology, per giungere a un sistema manifatturiero digitalizzato e interconnesso, per realizzare una produzione di serie customizzata, gestire i rapporti di filiera, sviluppare la meccatronica e la robotica. Si ritiene che dovrebbero invece rallentare gli investimenti in macchinari a media-alta tecnologia. Ma, al momento, sembra che le aziende italiane, salvo qualche eccezione:

  • privilegino l’approccio a un miglioramento del modello di business esistente, piuttosto che orientare l’organizzazione alla digitalizzazione, sottovalutando in tal modo l’importanza delle applicazioni, dei servizi web-based e della tecnologia mobile
  • tendano ad affidare le attività di analytics a persone di talento, capaci di cogliere  prontamente situazioni di disallineamento dei dati, capaci di gestire le criticità, di individuare le reali esigenze di business, piuttosto che ricorrere a una analisi metodologica dei dati raccolti.

In definitiva: abbiamo molta strada da fare.

Buona lettura!

L’impresa, 31 maggio 2017, estratto da pag. 103-114 – Ritorno all’industria, a firma di Fabrizio Carapellotti e Rossella Mariani

L’impresa, 31 maggio 2017, estratto da pag. 114 – Un piano per diventare più attrattivi, a firma Isabella Carapellotti e Umberto Guidoni

Fattori di successo e di fallimento di una StartUp

Lo StartUp System italiano presenta significative differenze rispetto a quanto avviene in altri paesi, sia dell’Unione Europea, sia oltre oceano. I giornali riportano quotidianamente statistiche e e trend, ponendo in evidenza opportunità e difficoltà per chi decide di avviare una propria iniziativa di Impresa.

Meno di una StartUp su 5 resiste oltre i 5 anni” recita il sottotitolo dell’articolo citato a fondo pagina. Il che significa che la probabilità di sopravvivere oltre questo tempo è inferiore al 20%: ma questo dato di analisi, piuttosto che costituire un messaggio di scoramento, deve spronare a una attenta analisi.

Riccardo Venturi ha esaminato, per Economy, uno studio di Luca Scali (Ceo di Hub 21) relativo a 9270 StartUp italiane (ambito digitale e manifatturiero), gran parte delle quali fallite: ne analizza gli errori, ma anche, e soprattutto, mette in rilievo le caratteristiche di quelle che hanno avuto successo. Anzi, l’analisi (da imprenditore qual’è Scali) parte proprio da questi aspetti. Ed eccoli.

Il primo aspetto sottolineato è l’importanza per una StartUp di intercettare il bisogno di una innovazione radicale, diciamo di realizzare “una vera invenzione”, piuttosto che di una innovazione incrementale, cioè di migliorare qualcosa già esistente.

In secondo luogo, questa innovazione dovrebbe attenere a un bisogno delle persone, piuttosto che a quello di una impresa (come, ad esempio, l’efficacia nell’operare di una impresa).

L’idea su cui nasce una StartUp, di per sé vale solo l’1% dell’intero successo; il 99% restante dipende da realizzazione e gestione quotidiana”. Ed ecco che cosa significa questa asserzione.

Il maggior numero di fallimenti (parliamo sempre di StartUp italiane) è riconducibile non a insufficienza di fondi, ma:

  • per il 41% dei casi all’area Mercato
  • per il 34% all’area Team e gestione
  • per il 20% all’area Finance.

Vediamo in dettaglio le cause o, meglio, i fattori chiave per evitare questa situazione.

Area Mercato: per lanciare una innovazione, occorre:

  • Avere una precisa conoscenza di quel mercato, delle sue regole, delle dinamiche di fiscalità, delle storie di successo e di insuccesso. È fondamentale, pertanto, fare una analisi della concorrenza non solo in termini di differenziazione, ma anche di come abbia operato chi ha avuto la capacità di arrivare efficacemente all’utente finale
  • Non illudersi di essere il solo che ha avuto quella idea rivoluzionaria, con la conseguenza di trascurare la potenziale esistenza di concorrenti, di modelli di business per confronto
  • essere capaci di dare risposta/una soluzione a un bisogno effettivamente esistente
  • avere una adeguata conoscenza delle metriche, fare delle stime corrette degli indici di prestazione del traffico o delle vendite associati al nostro web o alla nostra app. Occorre costruire un business plan basato sulla realtà di mercato e non un piano di marketing senza fondamenti, capire chi è “l’utente che viene sul mio sito, che usa la mia app”
  • definire correttamente le tempistiche, per evitare di entrare troppo anticipatamente o, al contrario, in ritardo sul mercato. ”Testare, sbagliare, imparare, migliorare”: ecco le chiavi del successo.

Area Team e gestione:

Un team sbilanciato o incompleto, quanto a competenze presenti, costituisce un rischio pazzesco. Tecnica, managerialità e marketing: sono le competenze necessarie, che devono però anche essere in equilibrio. Il mancato rispetto di questo requisito (e gli investitori attenti lo indagheranno) avrà come conseguenze la necessità di un ulteriore investimento per la ricerca di altre risorse. Pertanto, occorre avere una chiara risposta a queste domande: Chi fa parte del team? Quale il tipo di business model adottato? In quale mercato? Questi aspetti sono in equilibrio fra loro?

La risposta alle suddette domande mette a nudo:

  • L’eventuale scalabilità della StartUp, cioè se, superato un elemento di copertura dei costi fissi, la StartUp avrà la capacità di affrontare un aumento delle vendite senza un ulteriore incremento dei costi fissi o, in altri termini, se con un piccolo investimento si avrà un effetto più che proporzionale
  • La capacità della StartUp di adeguare tempestivamente la strategia sulla base delle risposte del mercato. Non adeguare tempestivamente e adeguatamente il modello di business è fatale
  • L’umiltà del team: passione e determinazione sì, ma mai arroganza
  • La capacità di non confondere la crescita della StartUp con lo sviluppo; è quest’ultimo che ripaga la crescita
  • La capacità di raccogliere ed analizzare tutti i segnali che arrivano dal mercato (ad esempio, attraverso interviste e canali sociali).

Area finance: anche in questa area le cause di fallimento sono diverse:

  • La stima in eccesso o in difetto dei fondi necessari per lo sviluppo della StartUp, che porta a un errato rapporto con il mercato dei capitali
  • Una spesa, per voci di costo non produttive, eccessiva e non nella giusta direzione, e comunque una mancata o non corretta analisi della spesa dopo che si è iniziato a fatturare
  • La capacità/preparazione del personale che deve curare gli aspetti amministrativi e di bilancio (l’autore dell’articolo riporta un esempio illuminante di questa causa)
  • Un cattivo dialogo con gli investitori. Costoro dovrebbero essere in grado di capire le dinamiche del business model e avere le giuste aspettative di ritorno
  • Per terminare, problemi legali (ad esempio quelli relativi ad un sito internet), aspettative errate circa i tempi necessari per conseguire il successo, location sbagliata in rapporto a logistica e infrastrutture necessarie.

Buona lettura!

Da: Economy, 18 maggio 2017, estratto da pag. 107 a 109 – Tutti gli errori da evitare per far vivere la StartUp, a firma Riccardo Venturi.F