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Premio Nazionale per l’Innovazione

A proposito di Open Innovation e Modello di Impresa Toyotista, a conferma della tendenza attuale del mondo industriale di esternalizzare tutto l’esternalizzabile, attività di ricerca compresa, sfruttando (“open innovation”) soggetti diversi come StartUp, Università degli studi, Istituti di ricerca, ecc., ecco l’assegnazione del Premio Nazionale per l’innovazione (PNI), che riguarda ricerca e applicazioni innovative in ambito universitario (1).

Tale premio quest’anno è stato assegnato dopo la selezione di 59 progetti finalisti, scelti fra quelli vincitori di 15 competizioni regionali, che hanno coinvolto 47 università e incubatori (2.388 neoimprenditori, 797 idee di impresa e 315 business plan). Poiché il riconoscimento è mirato ad avvicinare ricerca e mercato, i criteri di assegnazione sono: “originalità dell’idea, realizzabilità tecnica, interesse per gli investitori, competenze del team, attrattività per il mercato”.

Vincitori dei 4 premi sono: Moi (Lombardia; Piano Industria 4.0), una spin-off del Politecnico di Milano, Ofree (StartCup Veneto), Innovacarbon (StartCup Calabria) e Relief (StartCup Toscana).

Moi è entrata nell’ambito della stampa tridimensionale dei materiali compositi a fibra continua: vetroresina, fibre di carbonio o materiali antiproiettile, ossia di materiali con elevatissime prestazioni meccaniche, destinati a settori quali quelli aerospaziale, nautica, biomedicale, oil&gas, automotive, energia eolica, design e architettura. In tale ambito, la Moi ha sviluppato un processo di stampa 3D, capace di realizzare prodotti a elevate prestazioni, utilizzando una macchina a controllo numerico in grado di depositare fibre continue impregnate di resina termoindurente.

Innovacarbon ha messo a punto un filtro per acque civili, industriali e acque marine inquinate da sostanze organiche quali: petrolio, benzine, diesel, coloranti industriali, oli e acque di vegetazione. Il dispositivo è costituito da una colonna di materiale plastico, contenente nanotubi di carbonio, supportato da pellet di alluminia o sabbia quarzifera. L’elevata capacità rigenerativa del filtro (oltre 20 cicli), la flessibilità di impiego e i bassi costi di produzione e di depurazione lo rendono particolarmente vantaggioso.

Ofree ha ideato un sistema per convertire il tempo speso giocando ai video-games in donazioni. Come? L’azienda crea un “advergame” e versa del denaro che viene convertito in monete virtuali. Dopo ogni partita, gli utenti possono donare moneta virtuale a Enti senza scopo di lucro. Per le aziende, questo può costituire un “brand awareness” e un “brand reputation”.

Relief ha ideato un dispositivo unisex, minimamente invasivo, per chi soffre di incontinenza urinaria. Il paziente può controllare facilmente il dispositivo utilizzando un piccolo magnete portatile.

 Buona lettura!

(1) Da: La Stampa, “I magnifici 4 alla gara delle start-up – Il premio nazionale degli incubatori universitari”, del 5 dicembre 2018; estratto da pag. 29-32, a firma Anna Martellato.

Preparare il futuro

In un mercato piccolo ma strategico quale l’Italia, se si guarda in prospettiva mondiale si stima che nei prossimi 5 anni resteranno scoperti 280 mila posti di lavoro specializzati di carattere tecnologico: è opportuno pertanto organizzare da ora lo sviluppo dei talenti necessari. Solo una formazione adeguata all’evoluzione può assicurare un futuro alle aziende. Queste, per “stare in piedi” nel contesto dinamico che si prospetta, devono “imparare”; lo dimostra il fatto che le attuali economie che reggono sono quelle che hanno incentivato cultura e formazione e che collaborano con altre imprese in un contesto di circolazione delle esperienze per fare innovazione. Le mansioni operative saranno modificate, per proiettarle verso un futuro di professionalità e competenze digitali, coniugate alla creatività. E si passerà dagli attuali “periti” sfornati dalla scuola attuale ai “digital maker”.

Per una organizzazione, qualunque sia la sua dimensione, il sapere lavorare in gruppo, il possesso di metodologie di lavoro (problem solving, pensiero creativo, e così via) e il saper prevedere le competenze di cui si avrà bisogno nei 4-5 anni a venire costituiscono aspetti fondamentali. La consapevolezza di questo aspetto deve tradursi in obiettivi del piano di business, tali da definire le competenze da sviluppare, coerentemente con gli obiettivi della strategia stessa. Occorre impostare modelli di formazione continua che consentano ad ogni parte dell’azienda (sino alla singola persona) di operare in maniera coordinata. L’autore dell’articolo citato a margine (1) riporta che oggi solo il 29% della forza lavoro possiede elevate competenze digitali (nell’UE è il 37%); ma non ci si deve limitare a questa tipologia di competenze. Secondo il World Economic Forum, “entro il 2022 l’automazione cancellerà 75 milioni di posti di lavoro, ma contemporaneamente ne saranno creati altri 122 milioni. Non c’è ombra di dubbio che il sistema formativo vada adeguato; il problema è quello del “come”. La risposta che dà Luciano Floridi (filosofo dell’informazione a Oxford) è quella di puntare su quei “linguaggi della informazione (anche musica, composizione, architettura, ecc.) che permettono di leggere e scrivere informazione, onde arricchire il capitale semantico e mirare alla personalizzazione”: questa è la direzione dell’apprendimento. L’aspetto formativo deve riguardare anche le capacità di ascolto e interazione fra manager e collaboratori.

Secondo i dati EY (leader nei servizi professionali e nella consulenza) non più del 20% delle grandi aziende (assai poche delle Pmi) si sono adeguate al modello di formazione lifelong, con l’obiettivo di creare competenze che vadano oltre l’aspetto meramente tecnico, per integrarsi con la creazione di softskillche formino persone flessibili e in grado di operareinsieme.

Lo sviluppo dell’automazione inciderà anche sulle mansioni a livello operativo: quelle ripetitive standard sono destinate a scomparire per lasciare il posto ad una figura che sia in grado di coniugare il maker analogico classico con competenze digitali, utilizzare le tecnologie più avanzate e le macchine “intelligenti”. Queste considerazioni inducono pertanto a investire nella formazione.

Luca De Biase (2), riferendo in merito alla francese Station F (impresa di accelerazione dell’ecosistema dell’innovazione), rileva come questa gigantesca struttura, coinvolgendo un migliaio di StartUp e raffrontando i loro problemi e soluzioni, sia diventata uno “strumento dell’economia dell’apprendimento”: produttività e crescita (J.Stiglitz e B.Greenwald) finiscono per essere tradotti nel tema dell’apprendimento, che risulta indispensabile quando si vogliano individuare nuove soluzioni ai problemi emersi.

Qui da noi, c’è tutto un mondo in movimento nel campo della formazione, in particolare per rispondere alle necessità di tecnici con competenze digitali, in tutti i campi professionali, onde restare sul mercato e svilupparsi. Vediamo come oggi si presenta la situazione.

La francese Station F sopra citata ci collega all’italiano Binario F, il centro per la formazione tecnologica nei pressi della stazione Termini di Roma (3), inaugurato da Facebook, similmente a quanto fatto da Apple a Napoli per i centri di formazione e a quanto intende fare Microsoft. Esso è in via di forte espansione, ospiterà corsi e cicli di conferenze per fornire una formazione digitale/tecnologica e trasferire competenze tecniche, nella consapevolezza che lo sviluppo di un paese dipende molto anche da questa tipologia di competenze. Ciò potrà facilitare la nascita di StartUp e aumentare la possibilità di trovare lavoro nel settore del digitale.

Adecco ha sviluppato una piattaforma virtuale (Phyd) che ricorre alla intelligenza artificiale di Microsoft per la formazione.

Non intende essere da meno Google, che pur avendo già formato milioni di persone (ad esempio, sulla competenze tech), ora sviluppa un motore di ricerca focalizzato sulla digitalizzazione Pmi e StartUp.

Infine, Amazon, similmente alla Silicon Valley – che in America ha sviluppato progetti win-win, ha investito nella formazione per promuovere nuovi talenti tecnologici sviluppato un know-how assai rilevante – oltre a promuovere e sostenere progetti tecnologici innovativi, organizza in Italia delle Academy itineranti per formare artigiani e Pmi.

Buona lettura!

  • Da: Il sole-24 Ore, “Le competenze ripartono dai nuovi linguaggi”, del 14 ottobre 2018, estratto da pag. 11, a firma Pierangelo Soldavini.
  • Da: Il sole 24 Ore, “Investire nell’apprendimento si deve, ma che sia condiviso e inclusivo”, estratto da pag.11, a firma Luca De Biase.
  • Da: Il Foglio, “Le fabbriche della competenza”, del 13 ottobre 2018, pag. 7, a firma Eugenio Cau.

Una nuova Visione del Business

Il sottotitolo potrebbe essere:  realizzare prodotti per migliorare la vita delle persone!

Innovare, secondo Guy Kawasaki, oggi, significa non tanto breakthrough/un rilevante salto di contenuto, ma realizzare il miglioramento di quanto esistente, attraverso un processo graduale e continuo. Non si deve neppure attendere di disporre di un prodotto perfetto: saranno le indicazioni provenienti dal mercato a suggerire via via le modifiche da apportare.

Fondamentale è la capacità di prevedere il potenziale commerciale del prodotto: si tratta non tanto, dunque, di elaborare una idea, quanto di renderla al più presto fruibileE l’obiettivo che guida lo sviluppo dovrebbe essere non tanto quello economico, ma il miglioramento della vita delle persone, “lasciare una impronta nell’universo” (Steve Jobs).

E “buona” è una idea/prodotto che faccia apparire obsoleto quanto già esiste: è così possibile costruirsi sopra un business tale da vincere le sfide del mercato. Ma importante è che il nuovo prodotto esca dall’anonimato, faccia parlare di sè (e oggi i social danno questa possibilità), che ci si relazioni -quale che sia il mezzo- con ogni potenziale cliente.

È pure necessario che quanto offerto al mercato abbia un valore intrinseco che il cliente condivide e che lo induce all’acquisto, che lo conquista perché gli trasmette la sensazione di poter migliorare la sua vita. E questo risultato non può essere ottenuto che attraverso:

  • L’ascolto e la comprensione della realtà del mercato
  • La capacità di “anticipare”, con quel prodotto, una risposta adeguata ad attese del cliente non ancora formalizzate, ma che lui riconosce come le “sue” attese e che, pertanto, lo inducono all’acquisto (e a pagare il relativo prezzo).

Una volta identificato il tal modo il “valore” (i contenuti) che il cliente riconosce a un prodotto, occorre che detto valore venga posto in relazione allo specifico prodotto, al brand strategico e al relativo target attraverso adeguati (e costruiti con competenza ed esperienza) strumenti di marketing, quali possono essere, ad esempio, quelli social (Guy Kawasaki cita espressamente Linkedin).

Vi auguriamo una buona lettura… e una meravigliosa estate!

Da: Economy, “No vision, no business: così come diceva Steve Jobs”, del 28 luglio 2018, pagg. 78-79, a firma Vincenzo Petraglia. A margine del Digital Convergence Day, evento organizzato da Digital Box e Università Bocconi