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PIR: ne parliamo con Arcangelo Marino

Abbiamo affrontato le semplificazioni e le novità recentemente introdotto per i PIR con Arcangelo Marino, Business Manager e Partner presso Allianzbank F.A. 

Prima di entrare con lui nel merito delle opportunità e dei rischi di questo investimento, vogliamo prima dare una panoramica generale di questa forma di investimento.

Come noto, i Piani Individuali di Risparmio (Pir, legge di Bilancio 2017) costituiscono una modalità di risparmio incentivato fiscalmente; comprendono fondi comuni, polizze a vita e gestioni patrimoniali ideati per canalizzare flussi finanziari verso le Pmi del nostro Paese.

Con la sua circolare 3/E/2018, l’Agenzia delle Entrate fa chiarezza (rispetto alle linee guida pubblicate nell’ottobre scorso) sull’operatività di questi Piani e introduce alcune semplificazioni relative alla loro gestione, al fine di rafforzare il legame agevolazioni-investimenti.

Gli aspetti toccati riguardano:

  • La cumulabilità degli incentivi fiscali in StartUp innovative
  • Il calcolo dei redditi
  • Le casse di previdenza
  • L’holding period
  • Il reinvestimento
  • Il limite per l’investimento
  • La titolarità dell’investimento.

Ecco in sintesi gli aggiornamenti relativi ai suddetti aspetti.

Limite per l’investimento. Ogni persona fisica può investire in tutto 150 mila euro: questo limite può essere raggiunto anche in più di 5 anni, purchè non si superino i 30 mila euro/anno. L’investimento può essere intestato ai minori solo se i genitori non hanno in corso altri Piani.

L’agevolazione sui Pir è cumulabile con gli incentivi fiscali per investimenti in StartUp innovative (decreto 179 del 2012): questo al fine di agevolare gli investimenti di soggetti Irpef e Ires nel capitale delle StartUp innovative. Sottolineiamo che l’ambito di applicazione dell’agevolazione sulle StartUp riguarda gli investimenti effettuati dai soggetti Irpef e Ires nel capitale sociale; quello dei Pir riguarda gli investimenti effettuati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di una attività commerciale, in strumenti finanziari mediante Piani di risparmio a lungo termine.

Per il calcolo dei redditi derivante dalla cessione, nel caso di più titoli, quote, certificati o rapporti relativi a categorie omogenee, si può considerare come costo o valore di acquisto, il costo o valore medio ponderato relativo a ognuna delle categorie sopra citate.

Non sono previsti limiti minimi all’età delle persone per la titolarità dei Pir, ma l’esenzione fiscale per redditi di capitale e capital gain è applicabile solamente se l’usufruttuario (uno o entrambi i genitori) al quale è imputato il reddito finanziario che discende dagli investimenti inseriti nel Pir intestato a un minore, non sia allo stesso momento titolare di altro Piano. E’ possibile essere titolari di più Pir, purché non siano contemporanei: chiuso un Piano, è possibile costituirne un altro nello stesso periodo di imposta.

Casse di previdenza e fondi pensione possono destinare, agli investimenti qualificati dei Pir, sino al 5% dell’attivo patrimoniale. Se in un esercizio è stato effettuato un investimento sino a questa entità, in quello successivo si possono effettuare investimenti agevolabili solo nei limiti del 5% dell’incremento dell’attivo patrimoniale; qualora però l’attivo fosse in diminuzione, non si potranno effettuare altri investimenti qualificati (ma restano validi quelli effettuati negli esercizi precedenti). Per quanto concerne i Pir assicurativi e quelli costituiti da fondi dei fondi, i vincoli di composizione e i limiti alla concentrazione devono essere rispettati in riferimento agli attivi.

Quanto al vincolo di detenzione dell’investimento (holding period) – sia esso qualificato o meno – per il calcolo dei 5 anni fanno testo la data puntuale di acquisto (o sottoscrizione) dello strumento finanziario e quella di cessione o rimborso (date di effettivo versamento). Attenzione però, perché se il rimborso degli strumenti finanziari avviene prima del decorso dell’holding period, il periodo di tempo del possesso dello strumento rimborsato si somma a quello del nuovo strumento. La sostituzione (reinvestimento) del primo strumento con il secondo, finalizzata a rispettare il vincolo di detenzione, non deve far venir meno il rispetto dei “vincoli di composizione” e di “concentrazione” dell’investimento.

Il trasferimento dei Pir da un intermediario a un altro non determina la perdita dell’agevolazione; l’intermediario ha l’obbligo di verificare la sussistenza delle caratteristiche degli investimenti del piano (compresa la verifica del riparto 70-30% fra investimenti qualificati e quota libera). Non hanno invece alcuna importanza le modifiche introdotte successivamente all’acquisto, se avvenute per effetti imprevedibili per l’investitore.

Infine:

  • Sono stati introdotti vincoli anche per i derivati
  • Gli intermediari potranno usare il costo medio ponderato per le plusvalenze tassabili (vantaggio tuttavia da confermare).

Dottor Marino, quali sono le considerazioni di un Family Banker riguardo questa tipologia di investimento?

L ‘aspetto più importante della nuova normativa sui Pir è quello di favorire la creazione di un ponte tra l’economia reale (le Imprese) e il mondo del risparmio privato (famiglie).

Nei sistemi finanziariamente evoluti, le famiglie finanziano le aziende sottoscrivendo azioni e obbligazioni da loro emesse.

Le aziende con la liquidità raccolta dai risparmiatori investono in progetti industriali, vengono creati nuovi posti di lavoro, aumentano i consumi, aumenta il gettito fiscale, cresce l’azienda e il valore dei titoli azionari per i maggiori utili prodotti.

Si crea nuova ricchezza e l ‘intero sistema economico ne beneficia.

Quali sono gli obiettivi della normativa?

La normativa vuole favorire il circolo virtuoso descritto e lo fa offrendo vantaggi sia alle aziende che ai risparmiatori.

Le aziende quotandosi in borsa potranno finanziare il loro progetti con un costo minore rispetto al credito bancario.

I risparmiatori oltre a beneficiare delle potenzialità di crescita del mercato, godranno di vantaggi  fiscali importanti :

  • L’ esenzione della tassazione su utili, interessi, cedole e dividendi generati dall’investimento
  • L’esenzione dalle imposte di successione.

A patto di investire per un periodo superiore ai cinque anni. Orizzonte temporale minimo per considerare adeguato un investimento azionario.  Si vuole favorire la cultura dell’investimento reale a scapito dell’investimento speculativo. 

I vantaggi fiscali sono importanti anche se limitati ad un importo massimi di euro 150.000 spalmato su cinque anni, quindi massimo 30.000 euro annui.

In che modo un Consulente Finanziario affronta l’investimento in Pir?

Sottolineato il senso della normativa e i vantaggi per imprese e risparmiatori, sarà importante per il risparmiatore inserire l’investimento nei Pir nel giusto contesto della pianificazione delle sue esigenze e del suo portafoglio globale.

La valutazione del rischio è fondamentale.

Investendo prevalentemente sul mercato azionario italiano e, con almeno una quota su piccole e medie imprese, i Pir, offrono un profilo di rischio alto. Le oscillazioni dei prezzi potranno essere significative. 

Un risparrmiatore deve essere consapevole che potrebbero esserci fasi in cui il valore del suo investimento nel Pir potrà scendere anche ben oltre il 10-15%. E sarebbe normale e fisiologico per questo tipo di investimento.

L’investimento nel Pir, va quindi inserito nella parte del portafoglio che copre le esigenze di lungo termine e in una percentuale che mantenga in equilibrio il rischio complessivo del portafoglio. 

Una delle cattive abitudini degli italiani e investire in prodotti in modo a sé stante. È fondamentale invece avere una visione complessiva del patrimonio e delle proprie esigenze.

Se inserito in modo corretto nel proprio portafoglio l investimento nei Pir è certamente un ottima opportunità, sia per le potenzialita di crescita del mercato italiano nel lungo termine e per i vantaggi fiscali offerti.

Ringraziamo il Dr. Arcangelo Marino e vi rimandiamo all’articolo citato a margine per ulteriori approfondimenti.

Buona lettura!

Da: Il Sole-24 ore, “Pir e sconti fiscali, semplificate le regole”, del 27 febbraio 2018, pag. 1-3, a firma Carmine Fotina.

PIR, VC e… tante opportunità per PMI, StartUp e Investitori

Con i Piani Individuali di risparmio (Pir), varati con la Legge di Stabilità, il Governo mette in campo un nuovo aiuto a StartUp e Pmi nella raccolta di capitali in Borsa; ma intende anche indirizzare il risparmio delle famiglie verso un tipo di finanziamento poco rischioso, a medio-lungo termine e con fiscalità agevolata.

I Pir prevedono investimenti in azioni, obbligazioni, conti correnti e fondi comuni, con il vincolo che almeno il 70% del portafoglio sia in azioni e obbligazioni emesse da imprese italiane quotate. E di questo 70%, il 30% (il che equivale al 21% dell’investimento complessivo) deve andare a imprese non quotate sul segmento principale della Borsa, il che significa piccole realtà (ad esempio, quelle quotate sull’Aim, a quelle non presenti nel Ftse-Mib, l’indice delle prime 40 società di Piazza affari). Lo scopo è quello di agevolare il percorso in particolare delle Pmi verso il mercato borsistico. Ma anche per le StartUp dovrebbero emergere benefici nel percorso verso la quotazione, oltre al fatto che con i Pir si potrebbero raggiungere 1,5 miliardi di investimento all’anno in StartUp.

Il vincolo è quello di non poter uscire dall’investimento per almeno 5 anni, e il vantaggio consiste nella detassazione sui guadagni eventualmente conseguiti.

Word Exellence (articolo citato a fondo pagina) riporta alcune valutazioni relative a questo nuovo aiuto a StartUp e Pmi:

  • alcune positive, in quanto (Vito Ferito) si prevede che banche e compagnie di assicurazioni dispongano di nuovi prodotti innovativi da proporre alla clientela, con vantaggi soprattutto fiscali, e che la nuova forma di investimento (Vito Ferito e Laura Nateri) educhi i clienti ad allungare l’orizzonte temporale dell’investimento e li orienti anche verso il mercato non solo verso le blue chips, ma anche mid e small cap, nonché a orientare i clienti delle banche verso il risparmio gestito
  • altre critiche: il dover investire solo il 21% in strumenti emessi da aziende non presenti sul FtseMib (ancora Vito Ferito) potrebbe dirottare la maggior parte della liquidità ad aziende di grandi dimensioni e ad altre non quotate

Venture Capital, ovvero il capitale di rischio che investe in attività ad alto potenziale di crescita: è già stato sottolineato come esso non muova in Italia elevate masse di denaro come all’estero (i 160-170 milioni di euro investiti contro i 2-3 miliardi di Londra-Berlino-Stoccolma), ma il loro orientamento verso le società digitale e tech permane, e tenta di uscire dall’ambito ristretto del mercato italiano (2). Ma permane purtroppo anche il fatto che i fondi di emanazione regionale portino a una frammentazione delle aree di sviluppo delle startup e non facilitino la nascita di un polo nazionale di sviluppo, a discapito di un punto di forte attrazione di capitali dall’estero.

Legge Sabatini-ter: nonostante ci sia tempo sino al 31 dicembre 2018 per richiedere il contributo al MISE per:

  • il rinnovamento dell’apparato produttivo verso la manifattura digitale
  • l’innovazione di processo e prodotto
  • l’efficienza del sistema imprenditoriale,

il 40% delle risorse messe a disposizione dalla legge Sabatini-ter e previste dalla Legge di Bilancio (28 milioni di euro per il 2017, 84 milioni per il 2018, ecc.) è stato assorbito in pochissimi giorni (3).

Il contributo ministeriale va richiesto alla banca o all’intermediario finanziario a mezzo pec, con apposita domanda firmata digitalmente, certificando il possesso dei requisiti di legge e l’aderenza degli investimenti a quanto previsto. Dopo l’adozione della delibera di finanziamento da parte della banca, il MISE provvede a concedere il contributo, con informativa all’azienda. Il contributo è pari all’interesse calcolato in via convenzionale al tasso del 2,75% su un finanziamento di 5 anni e di importo equivalente a quello concesso da una banca o intermediario aderente alla convenzione con la Cassa depositi e prestiti. L’importo dell’investimento deve essere di almeno 20 mila euro e non superiore a 2 milioni.

Per gli investimenti riconducibili alla Industria 4.0, la Legge di bilancio riconosce uno spread di contributo del 30% rispetto a quello ordinario. Sarà un provvedimento della DI.GE. per gli incentivi alle imprese del MISE a definire termini e modalità di presentazione delle domande di agevolazione che possono accedere alla maggiorazione del contributo a valere sulla riserva del 20%.

Finanziamenti bancari facilitati dal Fondo di Garanzia: ricordiamo che il Fondo è uno strumento pubblico a supporto della concessione dei prestiti da parte delle banche (concede una garanzia pubblica sull’importo erogato che arriva a coprire l’80%) e che la Legge di Stabilità 2017 ha previsto il finanziamento di 1 miliardo.

Le StatUp hanno un accesso privilegiato, in quanto la modalità è:

  • gratuita
  • diretta: il Fondo non deve fare una due diligence ulteriore rispetto a quella già effettuata dalla banca
  • con accesso è prioritario, in quanto è il Comitato del Fondo che valuta le richieste, le esamina e delibera in via prioritaria.

Per ottenere il prestito, è sufficiente che la StartUp si rivolga ad una banca e chieda che venga acquisita la garanzia del Fondo, presentando bilanci o un business plan. La banca contratta i tassi di interesse e le condizioni di rimborso; quindi, attiva velocemente la procedura con il Fondo: importo max dell’intervento: 2,5 milioni di euro e fino ad un massimo dell’80% del finanziamento su tutti i tipi di operazione, tanto per liquidità che per investimenti.

Al riguardo si può consultare il sito del MISE: link.

Anche se la legge non prevede che sulla parte garantita del Fondo possano essere acquisite garanzie reali, può accadere che la banca chieda garanzie personali. Anche se la cosa può apparire contradditoria, purtroppo non è illegale: per uscire da questa situazione, non resta che tentare con un’altra banca o valutare la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi, come programmi pubblici di finanziamento agevolato (Smart&Start), Horizon 2020 e banche regionali.

Chiudiamo con una riflessione interessante sul crowdfunding. Stefano Guidotti, cofondatore di U-Start, ha esperienza di advisor per investitori privati: egli effettua attività di scouting, analisi, valutazioni per presentare le opportunità di investimento ai loro clienti, in particolare di società dell’area digitale e tech di tutto il mondo, non necessariamente StartUp, ma soprattutto nella prima fase di crescita. Ebbene, egli sottolinea la sua diffidenza per il crowdfunding e per forme (vedi Legge di Stabilità) che spingono il piccolo risparmio privato in direzioni di investimento alternativo rischioso. Il fatto poi che la maggior parte di investimenti di Venture Capital in StartUp si concentri solo sul 5% delle StartUp registrate, è per lui cosa plausibile, dal momento che il 70% delle StartUp innovative non arriva a fatturare 20mila euro l’anno, restando dunque poco attrattive.

Buona lettura!

(1) Da: “Avvenire” del 11 gennaio 2017, estratto da pag. 19. Titolo originale: “L’iniziativa. La corsa alla Borsa con i Pir. Dalla legge di Stabilità la spinta a startup e pmi”,  a firma: Caterina Madoni

(2) Da: “L’impresa” del 11 gennaio 2017, estratto da pag. 59, 60. Titolo originale: “Su chi vale la pena investire” a firma: G.Guc.

(3) Da: “Il sole 24 ore” del 13 gennaio 2017, estratto da pag. 35, 41. Titolo originale: “Sabatini-ter, corsa ai contributi”, a firma: Alessandra Sacrestano link

(4) Da: 2Word Exellence” del 2 febbraio 2017, estratto da pag. 80, 81. Titolo originale: “Investire sulle PMI senza pagare tasse”, a firma:-

Per chi cerca e per chi offre: INVESTIRE in StartUp

Ambiente stimolante e finanziamenti: ecco l’humus per far crescere le giovani StartUp. L’attuale mercato, abbassando i tassi di interesse, favorisce implicitamente gli investitori nella ricerca di nuove vie.

In un articolo precedente avevamo segnalato che il Governo, con la legge di bilancio – Piano Industria 4.0 – ha aumentato da 150 milioni/anno a 1 miliardo nel 2020 i finanziamenti per le StartUp innovative che sono nel primo momento di sviluppo successivo all’avvio (early stage) e che investono in R&D. Ora è consentito di sponsorizzare nuove iniziative: ad esempio, alle aziende quotate è consentito di acquistare le perdite dei primi quattro esercizi prodotte da StartUp di cui detengano almeno il 20% del capitale. Le aziende sponsor ripianano in tal modo il bilancio e hanno la possibilità di scaricare completamente le perdite.

Un altro aiuto viene dalle migliori agevolazioni fiscali: 19% di detrazione sull’Irpef fino a 500 mila euro di capitale investito per i privati e 20% di deduzione sull’Ires, fino a un massimo di 1,8 milioni per le imprese. C’è poi l’aumento del tetto per i privati, che raddoppia a 1 milione di euro.

È superato anche il limite sinora esistente per la tipologia di StartUp: infatti, il 30% di agevolazione fiscale vale per ogni tipo di StartUp, anche se sono a vocazione sociale e commercializzano prodotti hi-tech nell’energia. E questo vale sia per gli investimenti diretti, che per quelli attraverso società intermediarie.

Poi ci sono gli investitori privati; ad esempio:

  • “Primomiglio Sgr” con il Fondo Barcamper (50 milioni di euro), che intende investire in 150-200 StartUp tecnologiche ad alto potenziale nei prossimi 5 anni
  • l’Osservatorio start-up hi-tech del Politecnico di Milano che prevede, per il 2015, un finanziamento di 133 milioni per le start-up early stage
  • Digital Magics che porta questa cifra per il 2016 a 180 milioni.

Si tratta di cifre chiaramente inferiori, come nota l’autore dell’articolo citato a fondo pagina, a quelle di altri Paesi come Francia e Gran Gretagna (1,7 e 1,8 miliardi rispettivamente) e Germania (2 miliardi). Ma sono meno numerose anche le StartUp innovative attive presso la Camera di Commercio (a fine novembre 2016  superavano le 6500).

Infine, vanno annoverati nella fase di avvio, anche investitori privati, come i soci, investitori specializzati, business angel, incubatori, crowdfunding.

Dopo le fasi di vita iniziali della StartUp – preseed, seed, early stage, late stage, sviluppo finanziato in genere da venture capital, cioè nella fase di espansione della StartUp o quando già è diventata Pmi – intervengono i grandi fondi di venture capital e private equity. Nel primo semestre 2016 i capitali impegnati ammontavano già a 4,9 miliardi (fonte Aifi), il che significa un aumento del 17% rispetto all’anno precedente.

Una nota dolente, purtroppo, consiste nella difficoltà di cessione (l’exit) delle quote da parte dei privati, anche se c’è qualcuno (sim di AscomFidi Nord Ovest e Banca Intermonte) che è impegnato a rimuovere questa difficoltà. Purtroppo, oggi è più semplice scambiare azioni che quote, e al riguardo dovrebbe intervenire la legislazione.

Comunque, Francesco Lato, business angel in 25 StartUp e partner di Widening, sostiene che “un 5-10% di investimenti in StartUp ha un ritorno con multipli eccezionali, un altro 20% multipli interessanti e un 30% ritorni minimi o va in pareggio”.

A fondo pagina, l’articolo qui commentato riporta il numero delle StartUp italiane per tipologia e i conti delle aziende innovative appena nate.

Matteo Amerio – analista della società di venture capital Early Bird – ha effettuato una analisi relativa alle ragioni che tengono gli investitori lontani dall’Italia. Ecco i risultati relativi alle interviste di investitori e imprenditori di 500 StartUp italiane:

  • troppa burocrazia: le imprese italiane impiegano il 52% di tempo in più rispetto ai concorrenti europei in procedure burocratiche
  • scarsa conoscenza di cosa sia una StartUp e a che cosa serva per renderla competitiva
  • mancanza di un luogo ad alta concentrazione di StartUp
  • rigidità del mondo del lavoro (tempi di risoluzione delle controversie e ricambio del personale)
  • bassa propensione al rischio di chi detiene i capitali, per cui per le StartUp è difficile reperirli
  • qualità dei prodotti e dei servizi delle StartUp, che sarebbe mediamente inferiore a quello delle concorrenti europee ed americane.

Volete un aiuto per rimuovere alcune di queste difficoltà? Contattateci e saremo felici di lavorare fianco a fianco con voi!

Buona lettura.

Da:”Capital” , 5 gennaio 2017, estratto da pag. 38,39,40,41,42,44,46 – Titolo originale: “Come si guadagna finanziando start-up”,  a firma: Antonio Spampinato

Da:”Capital” , 7 gennaio 2017, estratto da pag. 15 – Titolo originale: “Quello che manca alle nostre start-up”,  a firma: –