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“Il Paese senza start up condannato al declino”

coa(rif. L’Espresso – Roberto Saviano)

Ricerca e sviluppo sono due parole che trovano senso solo quando le si pronuncia insieme” scrive Roberto Saviano su L’Espresso (http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2016/01/05/news/il-paese-senza-start-up-condannato-al-declino-1.245538).

In un articolo dal sapore amaro, Saviano pone in evidenza un sistema Italia che non riesce ad agire nel concreto per dare prima di tutto una “visione”, e poi sostenerla con investimenti attenti che diano prospettive di crescita reali.

Aggiunge: “l’Italia può vantare studi eccellenti, ricerche importanti e pubblicazioni divulgate e consultate dalla comunità scientifica internazionale, ma scarsi investimenti per perfezionare la ricerca e renderla innovazione.

Come startupper (www.booktribu.com) e come coach ho una visione molto differente da quella – pure completamente mia – maturata come top manager di aziende di rilievo.

In queste seconde – capitanate da Imprenditori solidi e Fondi di Private Equity liquidi – l’investimento appartiene alla necessità di dare sostegno alla crescita che non può attuarsi se l’impresa non si mantiene al passo con il progresso tecnologico, con l’espansione dei mercati, con la diversificazione dei canali… e quante cose mi dimentico!

Ma: in questo caso si parte da una situazione esistente, da un percorso fatto sul quale si innesta il nuovo.

Cosa succede invece per una startup? Cosa vedo accadere a tante neoimprese e neoimprenditori che ho avuto la fortuna di conoscere e, alcuni di questi, di accompagnare per un tratto del loro cammino? Ebbene:

  • la ricerca continua di fondi, utilizzando ogni fonte: internet, giornali, passaparola. Un dato? Basti pensare che i progetti di impresa pervenuti al concorso Wind Startup Award 2015 sono ben 4962!
  • la necessità delle professionalità necessarie per costruire il proprio progetto… e data la carenza di fondi e di strutture in grado di assicurare un apporto ampio di competenze, gli startupper si affidano al network. Si trasformano in social media manager: aprono profili FB, Twitter, si connettono-domandano-offrono in cerca del sostegno di cui hanno bisogno
  • rallentano il percorso: eh sì, perché anche se l’idea è buona, è difficile sostenerla con fondi propri, e l’ansia di avere un reddito certo crea un cortocircuito tra i propri progetti professionali e la necessità di avere un lavoro con il quale guadagnarsi la vita.

Il mio punto di vista allora? È questo: fare impresa in Italia oggi richiede:

  • Un progetto chiaro: occorre allineamento tra l’idea di impresa e il proprio progetto di vita. In caso contratio, prima o dopo, si capitola davanti al dubbio. È qui che serve un bravo coach
  • Umiltà: non si fa da soli. Occorre sapere costruire un team. È qui che serve il network
  • Risorse economiche: è il coraggio di investire di cui parla Saviano, ma attenzione… vale per tutti. In primis per i neo-imprenditori che oggi si trovano spesso soli.

Auspico che a tanta generosità che caratterizza gli startupper (entusiasmo, passione, networking, investimenti economici…) si affianchino le istituzioni offrendo opportunità concrete, a fondo perduto, valutate da chi sa fare business, offerte a chi ha il coraggio di fare impresa oggi.

Professioni e pubblicità (non tanto occulta)

Sfogliando le pagine di un noto quotidiano nazionale sono incappato nella pubblicità a pagina intera della Professional Coaching Association.

Premetto che non sono iscritto (per ora, ma adesso mi sono incuriosito), dal momento che faccio parte di ICF GLOBAL (International Coach Federation) con la quale sto conseguendo l’accreditamento internazionale.

Il fatto che sul giornale vada la pubblicità di una professione è un fatto che merita attenzione: nel 2004 in Italia il 56% del reddito della famiglie veniva dal lavoro (di cui il 15,3% da liberi professionisti e imprenditori). Nel 2012 (i dati più aggiornati forniti da Banca d’Italia) è scesa al 10,9% la stessa percentuale dei redditi prodotti da liberi professionisti e imprenditori. Dunque, in un Paese che sta finalmente vedendo il primo segno “+” e spera nella ripresa, c’è una grande sofferenza da parte di una importante categoria di lavoratori.

Ed eccoli sul giornale in pubblicità!

La cosa mi fa piacere per alcuni motivi molto semplici:

. Stiamo parlando di una professione non costituita in albirecente al pari dei numerosi mestieri 2.0 del nuovo millennio

. E’ una professione che richiede importanti esperienze sul campo, non solo di natura manageriale. Chi è Coach conosce perfettamente una cosa, spesso sottovalutata oggi: la competenza ha un valore

. Occorre uno sforzo importante perché una nuova professione si affermi sul mercato, riuscendo a farsi individuare come soluzione a un problema esistente e sentito.

Credo che la formazione giochi un ruolo decisivo nella costruzione della employability delle persone, valore che nessuno può permettersi di lasciare nelle mani del proprio datore di lavoro. E la pubblicità di oggi evidenzia un altro fatto ugualmente importante: occorre un buon prodotto, sì, ma occorre anche saperlo mettere in vetrina.

A cosa rinuncereste della vostra Impresa?

I quotidiani ci stanno riportando periodicamente approfondimenti sulla notizia della riforma degli appalti in Italia che si fonderebbe sulla meritocrazia, ovvero prediligerebbe un sistema di selezione delle imprese secondo criteri quali l’offerta economicamente più vantaggiosa, unitamente al contenuto innovativo e tecnologico del progetto presentato.

http://www.edilportale.com/news/2015/06/lavori-pubblici/via-libera-dal-senato-alla-riforma-degli-appalti_46424_11.html

E ancora tra i requisiti si introduce l’analisi del fatturato, l’impiego di manodopera locale, e la “buona condotta” dell’impresa misurata rispetto la capacità di aver svolto progetti rispettando i tempi di consegna, senza creare contenziosi o spese extra per il committente.

Io credo nel sostegno alle imprese che puntano alla qualità, che investono sui propri valori di trasparenza, competenza, affidabilità avvalendosi di personale qualificato, valorizzandone il potenziale e ricercando il successo attraverso il coraggio del cambiamento. Aziende in cui trovano spazio l’innovazione, le nuove idee, il perfezionamento della qualità del proprio prodotto/servizio offerto al mercato.

Senza calarci strettamente nel mondo degli appalti, una impresa con queste caratteristiche può vantare in modo trasparente la propria condotta e puntare al successo che raggiungerà inevitabilmente se saprà ascoltare, condividere, creare il network adatto per arrivare al suo unico vero elemento di forza e sostegno: il consumatore.

Il cliente di oggi è cambiato, ci sta dicendo che è disposto a rinunciare al passato per chiederci qualcosa di nuovo che lo faccia vivere meglio: vuole aziende trasparenti e di “buona reputazione”.

Mosso da questi principi e dalla prestigiosa esperienza manageriale che ho avuto l’opportunità di maturare, sto lavorando a un progetto a sostegno delle imprese che credono sia giunto il momento di presentarsi al mercato in un modo nuovo, di cui potrò presentarvi i contenuti presto.

Nel frattempo vi propongo una riflessione: cosa sareste disposti a rinunciare per diventare una Impresa nuova e di buona reputazione?

Come sempre i vostri commenti potranno trovare ascolto e confronto nella sezione qui sotto dedicata.

Grazie.