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Investimenti nel Digitale ed Efficienza in Fabbrica

Lean Organization e centralità dell’uomo nello sviluppo delle aziende verso il futuro. La spinta al miglioramento continuo di tutti i processi aziendali e dell’efficienza produttiva dovrebbe essere un obiettivo del vertice aziendale, sostenuto da una adeguata politica, in modo da:

  • Coinvolgere tutto il personale a partire dai Top Manager, che sono tenuti a dare l’esempio
  • Dimostrare ai livelli operativi che davvero le “condizioni di lavoro” sono cambiate, a iniziare dall’ascolto e valutazione delle loro osservazioni in merito alle opportunità di miglioramento della produttività, dell’ergonomia sul posto di lavoro e, in generale, del miglioramento di tutti gli indicatori di efficacia ed efficienza
  • Rendere partecipi livelli operativi dei dati relativi a questa valutazione.

Ma questo di per sé non è una novità, se non fosse L. Massone a riaffermarlo (1).

Poiché la tecnologia è in continua evoluzione, occorre guardare e valutare le opportunità di adeguamento dei processi aziendali, quale ad esempio la loro digitalizzazione, ma purchè si faccia molta attenzione a non innamorarsi di soluzioni (software) che poi contrastano l‘evoluzione verso una produzione snella (flessibilità dei processi e autonomia di sviluppo). Nell’area del manifatturiero la rivoluzione del digitale è ancora agli inizi; sviluppo conoscitivo delle persone e change management (ruoli, competenze e cambiamento di mentalità) oggi sono imperativi e prioritari.

La filosofia della World Class Manufacturing (WCM) rappresenta sicuramento un modello concreto per la riduzione degli sprechi. Essa aiuta a mantenere l’evoluzione ancorata alla riduzione di perdite e sprechi; ne è un esempio la metodologia di Cost Deployment (CD digitale), che supporta un monitoraggio via via sempre più accurato, dettagliato (e talora anche in tempo reale) dei costi, per guidare gli interventi verso la loro riduzione progressiva.

Oggi si parla di un nuovo paradigma produttivo: la “fabbrica intelligente e digitale”. Ma nel campo del manifatturiero, la flessibilità tecnologica e organizzativa deve costituire la guida per orientare gli investimenti, il che significa layout adeguati alle necessità operative (tempo), setup veloci, manutenzione facile e predittiva, autodiagnosi dei problemi, integrazione fra gli impianti: insomma “lean organization”.

Ma questo modo di orientare lo sviluppo vuol dire anche creatività e intelligenza dell’individuo e “valore aggiunto” per gli stakeholders. E vuol dire flessibilità delle soluzioni organizzative per evitare ingessamenti della struttura.

Mentre si parla della tendenza odierna di digitalizzare e virtualizzare la fabbrica (droni, realtà virtuali, stampanti 3D, ecc.), appare evidente la “mancanza di una visione adeguata e integrata (cioè di sistema) delle soluzioni e competenze, per poterne sfruttare a pieno i benefici”. Certamente, nel medio termine, l’evoluzione del digitale coinvolgerà tutta la catena del valore, grandi, medie e piccole aziende; e il driver di questa evoluzione sarà l’uomo, con le sue capacità di individuare i problemi e le soluzioni, con le sue competenze tecnologiche. Ma questo a una condizione: che si superi la suddivisione organizzativa tradizionale in Funzioni aziendali chiuse, per una organizzazione aperta e integrata, in cui tutte le competenze esistenti (di qualunque tipo, ad esempio: progettazione tradizionale e digitale, produzione e manutenzione, informatica e marketing, veloce raccolta e analisi dei dati di qualunque tipo, ecc.) siano chiamate a convergere verso lo stesso obiettivo e a un continuo aggiornamento. Sono queste le premesse per traghettare le aziende verso il futuro.

Se si vuole che la situazione dell’industria italiana migliori, occorre migliorare le competenze delle persone su tematiche nuove e puntare su università e centri di ricerca. Questa è la premessa per il cambiamento della infrastruttura tecnologica, dello sviluppo della realtà virtuale e capace di anticipare i problemi e simulare gli scenari futuri, con il supporto della realtà virtuale. Questo sviluppo dovrà essere accompagnato da quello del sistema di normazione a livello nazionale.

Buona lettura!

(1) Da:”The NEXT Factory”, ”Verso una fabbrica senza confini”, del 1 dicembre 2017, pag. da 36 a 39, a firma Edoardo Oldrati. Intervista a Luciano Massone, Head of World Class Manufacturing EMEA & WCM Development Center in FCA.

Cosa sta cambiando nel mondo delle Imprese?

Lo sviluppo della tecnologia informatica promossa dal Piano Industria 4.0 sta determinando una rilevante evoluzione delle aziende, costrette a operare su un mercato globale sempre più digitalizzato. La catena globale del valore per le imprese nate dalla spinta del progresso tecnologico e dalla globalizzazione dei mercati, ha portato alla delocalizzazione delle fasi produttive nei paesi emergenti, soprattutto nel caso di aziende che necessitano di un elevato impiego di manodopera.

Oggi, tuttavia, la tendenza alla delocalizzazione sembra in fase di esaurimento, se non di inversione, a seguito dello sviluppo della tecnologia digitale e della robotica. Riprendiamo due articoli apparsi su “L’impresa” del 31 maggio scorso che fanno il punto sulle conseguenze, nel mondo delle Pmi, dell’evoluzione della digital transformation e della integrazione delle tecnologie Ict nel processo produttivo.

In particolare, nei settori del manifatturiero e dei servizi high tech:

  • robotica e intelligenza artificiale (la Robot Economy) vengono impiegate per eseguire nuove attività lavorative a un costo inferiore a quello umano
  • mobile, cloud computing, analisi dei big data, soluzioni tecnologiche (Digital Analytics, User Experience) per interpretare al meglio i dati di business ai fini tattici e strategici, dovrebbero determinare un elevato cambiamento organizzativo, il miglioramento delle prestazioni complessive di business e l’aumento del ROI.

La digitalizzazione diventerà un fattore strategico anche per la competitività, sia per l’arricchimento che apporterà al servizio, sia per la raccolta di dati sulla operatività giornaliera che renderà possibile migliorare l’efficienza dei processi, cioè produttività e catena del valore. In fine, aumenteranno gli input forniti alla R&D.

Se da un lato questo rende credibile l’ipotesi di rilancio della crescita nel medio termine, dall’altro implica una scelta sugli investimenti da parte delle imprese per la realizzazione del salto tecnologico sopra descritto.

Quando StartUp e Pmi utilizzano tecnologie digitali innovative riescono a crescere due o tre volte più velocemente; per i prossimi 5-10 anni è prevista una crescita esplosiva di questo comparto, sia nelle Pmi che nelle grandi imprese, e questo porterà forti incrementi sia nella produttività che nei livelli occupazionali. Ma gli indicatori relativi a questi aspetti evidenziano che in Italia questo processo è più lento che negli altri paesi UE.

Il Piano 4.0 per il periodo 2017-2020 incentiva gli investimenti innovativi, le infrastrutture di rete, lo sviluppo di competenze e know-how attraverso un iper-ammortamento (in aggiunta agli incentivi già in essere, come la Nuova Sabatini, il Super-ammortamento, il credito d’imposta per la ricerca, la Patent Box) del 250% per gli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie che rendano possibile la trasformazione delineata dal Piano stesso.

Si ritiene che i primi investimenti delle Pmi riguarderanno la information technology, per giungere a un sistema manifatturiero digitalizzato e interconnesso, per realizzare una produzione di serie customizzata, gestire i rapporti di filiera, sviluppare la meccatronica e la robotica. Si ritiene che dovrebbero invece rallentare gli investimenti in macchinari a media-alta tecnologia. Ma, al momento, sembra che le aziende italiane, salvo qualche eccezione:

  • privilegino l’approccio a un miglioramento del modello di business esistente, piuttosto che orientare l’organizzazione alla digitalizzazione, sottovalutando in tal modo l’importanza delle applicazioni, dei servizi web-based e della tecnologia mobile
  • tendano ad affidare le attività di analytics a persone di talento, capaci di cogliere  prontamente situazioni di disallineamento dei dati, capaci di gestire le criticità, di individuare le reali esigenze di business, piuttosto che ricorrere a una analisi metodologica dei dati raccolti.

In definitiva: abbiamo molta strada da fare.

Buona lettura!

L’impresa, 31 maggio 2017, estratto da pag. 103-114 – Ritorno all’industria, a firma di Fabrizio Carapellotti e Rossella Mariani

L’impresa, 31 maggio 2017, estratto da pag. 114 – Un piano per diventare più attrattivi, a firma Isabella Carapellotti e Umberto Guidoni