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Novità per le PMI: Crowdfunding e Credito di Imposta

Si amplia, per le aziende, la possibilità di raccolta fondi attraverso il crowdfunding con la legge di bilancio 2017 (comma 70 dell’art.1): non è più consentita alle sole StartUp e Pmi innovative, ma viene estesa a tutte le Pmi in modo da consentire l’accesso anche ai piccoli investitori non professionali.

Questo comporta anche l’applicabilità del regolamento Consob, delibera 26 giugno 2013, n.18592, modificata con quella n.19520 del 24.2.2016, relativo all’equity crowdfunding.

Le forme di crowdfunding (art.50-quinquies, Tuf) sono diverse:

  •  modelli di liberalità come il donation based, tipica dei progetti sociali o culturali
  • reward based, quando il finanziatore riceve una qualche forma di premio, ad esempio preacquisto a prezzo ridotto del prodotto
  • crowdfunding lending o peer to peer, quando sia prevista una remunerazione grazie agli interessi realizzati
  • crowdfunding equity based, quando si ricorre al capitale di rischio, ossia alla partecipazione al capitale sociale dell’impresa.

Sono pertanto interessati:

  • i soggetti che esercitano professionalmente il servizio di gestione di portali per la raccolta di capitali a rischio
  • gli emittenti, cioè StartUp innovative e Pmi interessati alla raccolta di capitali
  • i soggetti che vogliono investire capitali, sia quelli non professionali (retail) che quelli professionali, siano essi: privati (banche, imprese, istituti finanziari, ecc.) – imprese di grandi dimensioni (con ben definiti requisiti di bilancio, fatturato netto e soglia di fondi propri) – investitori istituzionali – clienti professionali pubblici (governo e Banca d’Italia).

Diverse sono anche le forme di imposta, non essendo sempre certa la tipologia dei beni o servizi che saranno realizzati. Solo nel caso di crowdfunding equity based, la fiscalità è del tipo azionaria.

Conclusione: maggiore possibilità e facilità per l’imprenditore di accedere alle risorse necessarie e scegliere il tipo di finanziamento.

Novità anche sul fronte del credito di imposta che potrà essere utilizzato anche dalle imprese residenti (e dalle stabili di soggetti non residenti) che svolgono R&D su commissione di imprese residenti in UE o in Stati “collaborativi”; l’investimento può essere stato effettuato fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 (ampliamento temporale, senza effetti sulle modalità di determinazione del credito di imposta).

L’importo massimo annuale  del credito d’imposta riconosciuto a ogni beneficiario viene aumentato da 5 a 20 milioni di euro (ferma restando la condizione che l’ammontare minimo di investimento sia di almeno 30mila euro).

Gli investimenti ammissibili al beneficio sono relativi alle seguenti categorie:

  • personale altamente qualificato impiegato in attività di R&D. Tra le spese ammesse figurano ora anche quelle riguardanti, genericamente, tutto il personale impiegato in attività di R&D
  • quote di ammortamento di strumenti e attrezzature di laboratorio. Il credito di imposta del 50% vale per tutte le categorie di investimento ammissibili, comprese quote di ammortamento di strumenti di laboratorio e competenze tecniche (per i quali prima era del 25%).

Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi sono stati sostenuti. Tutte le novità decorrono dal periodo d’imposta successivo a quello in corso il 31 dicembre 2016 (per i soggetti solari: 2017), eccetto la modifica riguardante l’utilizzo del credito.

Buona lettura!

Da: “Il sole 24 ore” del  2 gennaio 2017, estratto da pag. 18 Titolo originale: “Crowdfunding per tutte le Pmi”,  a firma: Pierpaolo Caroli e Agnese Menghi

Da: “Italia oggi” del  2 gennaio 2017, estratto da pag. 11 Titolo originale: “Crowdfunding esteso alle Pmi”,  a firma: Bruno Pagamici

Da: “Il sole 24 ore” del 3 gennaio 2017, estratto da pag.31 – Titolo originale: “Ricerca e sviluppo: credito di imposta fino a 20 milioni”,  a firma: Francesco Leone

Aziende: piccole ma innovative

La riflessione trae spinto dall’nteressante articolo di Benedetta Gandolfi comparso su Wall Street Italia.

Il sottotitolo  recita: “La tecnologia da sola non fa innovazione; sono le persone che fanno la differenza. Compito dell’azienda è quello di stimolare la creatività dei propri collaboratori, favorendo e assecondando la loro curiosità e passioni”.

Giusto – verrebbe da commentare – ma quanto rende? E i rischi?

La prima considerazione fatta da Benedetta Gandolfi è che, a livello di vertice aziendale, anche se nelle strategie aziendali si fa sempre più largo il termine innovazione, pure sono ancora forti i timori di inserire questo aspetto fra le priorità aziendali.

Il mondo industriale oggi ha a disposizione tecnologie digitali e di automatizzazione in continua evoluzione, che ampliano lo scenario operativo e di mercato (si parla di quarta rivoluzione industriale): ma questo scenario impone un  adeguamento sia del rischio d’impresa che della cultura del personale. Sì, cultura del personale, perché oggi è la velocità di adeguamento che fa la differenza, non più necessariamente la dimensione aziendale. Le aziende non possono più vivere di rendita; l’Italia è posizionata assai male quanto a propensione al cambiamento e al rischio che il cambiamento comporta. Eppure siamo consapevoli che occorre il coraggio e la capacità di scardinare i freni della burocrazia, di incentivare l’innovazione in tutti i suoi aspetti strategici, a livello sia di paese che di industria.

L’innovazione parte dalla creatività delle persone, dunque, dalla loro curiosità, dal loro atteggiamento mentale: ora nelle aziende più piccole, dove minore è la complessità della struttura del personale, il personale ha in genere maggiore possibilità di esprimere la propria creatività e questa considerazione spiega perché siano proprio talora queste aziende le più veloci a cambiare strategia. Risultato, beninteso, registrato anche in alcune grandi aziende, ma là ove la cultura del personale è aperta all’innovazione, non condizionata da soluzioni consolidate, attenta a raccogliere il contributo creativo del proprio personale.

L’articolo, al riguardo, cita varie testimonianze di alcuni vertici aziendali. Riporta una frase di Steve Jobs: ”non si assumono le persone intelligenti per dire loro cosa devono fare ma perché lo dicano loro a noi”; e il ceo di Google: occorre “assumere figure di profilo significativo e valorizzarle per quello che sanno fare”. Insomma: l’innovazione nasce dall’uomo; è dalla sua capacità di esprimere idee che nasce il nuovo, dal suo pensiero critico e creativo. Guai a chi non si orienta rapidamente in questa direzione, per paura dei rischi che ciò inevitabilmente comporta. Ma, sostiene Joichi Ito (Mit Media Lab), i rischi possono essere fortunatamente “affrontati come piccoli esperimenti con bassa probabilità di fallimento… Una società deve assomigliare più a una piattaforma di sperimentazione che a una organizzazione centralistica e centralizzata”.

E voi? Quali sono le vostre esperienze e riflessioni? Scrivetemi tramite la pagina contatti e pubblicherò i vostri contributi.

Buona lettura!

Da: Wall Street Italia del 23 novembre 2016, estratto da pag. 26, 27, 28, 29

Titolo originale: “Innovazione, una sfida che passa dalle persone a firma: Benedetta Gandolfi.