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Aziende: piccole ma innovative

La riflessione trae spinto dall’nteressante articolo di Benedetta Gandolfi comparso su Wall Street Italia.

Il sottotitolo  recita: “La tecnologia da sola non fa innovazione; sono le persone che fanno la differenza. Compito dell’azienda è quello di stimolare la creatività dei propri collaboratori, favorendo e assecondando la loro curiosità e passioni”.

Giusto – verrebbe da commentare – ma quanto rende? E i rischi?

La prima considerazione fatta da Benedetta Gandolfi è che, a livello di vertice aziendale, anche se nelle strategie aziendali si fa sempre più largo il termine innovazione, pure sono ancora forti i timori di inserire questo aspetto fra le priorità aziendali.

Il mondo industriale oggi ha a disposizione tecnologie digitali e di automatizzazione in continua evoluzione, che ampliano lo scenario operativo e di mercato (si parla di quarta rivoluzione industriale): ma questo scenario impone un  adeguamento sia del rischio d’impresa che della cultura del personale. Sì, cultura del personale, perché oggi è la velocità di adeguamento che fa la differenza, non più necessariamente la dimensione aziendale. Le aziende non possono più vivere di rendita; l’Italia è posizionata assai male quanto a propensione al cambiamento e al rischio che il cambiamento comporta. Eppure siamo consapevoli che occorre il coraggio e la capacità di scardinare i freni della burocrazia, di incentivare l’innovazione in tutti i suoi aspetti strategici, a livello sia di paese che di industria.

L’innovazione parte dalla creatività delle persone, dunque, dalla loro curiosità, dal loro atteggiamento mentale: ora nelle aziende più piccole, dove minore è la complessità della struttura del personale, il personale ha in genere maggiore possibilità di esprimere la propria creatività e questa considerazione spiega perché siano proprio talora queste aziende le più veloci a cambiare strategia. Risultato, beninteso, registrato anche in alcune grandi aziende, ma là ove la cultura del personale è aperta all’innovazione, non condizionata da soluzioni consolidate, attenta a raccogliere il contributo creativo del proprio personale.

L’articolo, al riguardo, cita varie testimonianze di alcuni vertici aziendali. Riporta una frase di Steve Jobs: ”non si assumono le persone intelligenti per dire loro cosa devono fare ma perché lo dicano loro a noi”; e il ceo di Google: occorre “assumere figure di profilo significativo e valorizzarle per quello che sanno fare”. Insomma: l’innovazione nasce dall’uomo; è dalla sua capacità di esprimere idee che nasce il nuovo, dal suo pensiero critico e creativo. Guai a chi non si orienta rapidamente in questa direzione, per paura dei rischi che ciò inevitabilmente comporta. Ma, sostiene Joichi Ito (Mit Media Lab), i rischi possono essere fortunatamente “affrontati come piccoli esperimenti con bassa probabilità di fallimento… Una società deve assomigliare più a una piattaforma di sperimentazione che a una organizzazione centralistica e centralizzata”.

E voi? Quali sono le vostre esperienze e riflessioni? Scrivetemi tramite la pagina contatti e pubblicherò i vostri contributi.

Buona lettura!

Da: Wall Street Italia del 23 novembre 2016, estratto da pag. 26, 27, 28, 29

Titolo originale: “Innovazione, una sfida che passa dalle persone a firma: Benedetta Gandolfi.

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