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Professioni e pubblicità (non tanto occulta)

Sfogliando le pagine di un noto quotidiano nazionale sono incappato nella pubblicità a pagina intera della Professional Coaching Association.

Premetto che non sono iscritto (per ora, ma adesso mi sono incuriosito), dal momento che faccio parte di ICF GLOBAL (International Coach Federation) con la quale sto conseguendo l’accreditamento internazionale.

Il fatto che sul giornale vada la pubblicità di una professione è un fatto che merita attenzione: nel 2004 in Italia il 56% del reddito della famiglie veniva dal lavoro (di cui il 15,3% da liberi professionisti e imprenditori). Nel 2012 (i dati più aggiornati forniti da Banca d’Italia) è scesa al 10,9% la stessa percentuale dei redditi prodotti da liberi professionisti e imprenditori. Dunque, in un Paese che sta finalmente vedendo il primo segno “+” e spera nella ripresa, c’è una grande sofferenza da parte di una importante categoria di lavoratori.

Ed eccoli sul giornale in pubblicità!

La cosa mi fa piacere per alcuni motivi molto semplici:

. Stiamo parlando di una professione non costituita in albirecente al pari dei numerosi mestieri 2.0 del nuovo millennio

. E’ una professione che richiede importanti esperienze sul campo, non solo di natura manageriale. Chi è Coach conosce perfettamente una cosa, spesso sottovalutata oggi: la competenza ha un valore

. Occorre uno sforzo importante perché una nuova professione si affermi sul mercato, riuscendo a farsi individuare come soluzione a un problema esistente e sentito.

Credo che la formazione giochi un ruolo decisivo nella costruzione della employability delle persone, valore che nessuno può permettersi di lasciare nelle mani del proprio datore di lavoro. E la pubblicità di oggi evidenzia un altro fatto ugualmente importante: occorre un buon prodotto, sì, ma occorre anche saperlo mettere in vetrina.