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Investimento in StartUp Innovative

La legislazione si aggiorna continuamente per favorire la costituzione e il finanziamento di StartUp innovative, e la stampa del mondo economico ne dà notizia per richiamare l’attenzione, nel merito, di potenziali industriali e sponsor.

Le StartUp innovative iscritte nell’apposito registro imprese (sezione speciale) nel 2012 sono arrivate a 8274. Il loro aumento numerico è stato sicuramente favorito dal decreto “crescita 2.0” che ha introdotto (1):

  • Semplificazioni per la loro costituzione: infatti, ora è possibile redigere l’atto costitutivo senza l’intervento di intermediari, utilizzando il modello Xml reperibile su una piattaforma ad hoc del Registro imprese e ricorrendo alla firma digitale. Questo fatto ha reso possibile sia l’immediata registrazione che l’annullamento dei costi di procedura, in quanto ha annullato il pagamento dei diritti di segreteria, l’imposta di bollo e i diritti camerali;
  • Nessuna penalizzazione fiscale nel caso di “ricavi non congrui” o di perdita fiscale sistematica: cioè, non viene imputato un reddito minimo e una base imponibile per l’Irap; nessuna limitazione nemmeno per l’utilizzo del credito IVA (il limite per la compensazione è stato portato da 15 a 20 mila euro); nessuna maggiorazione Ires del 10,5%. Inoltre, per la forma Srl è possibile creare categorie di quote con particolari diritti, ricorrendo a meccanismi finanziari partecipativi, oppure offrire a mercato quote di capitale. Quando poi la perdita determinasse una riduzione di capitale superiore a 1/3, è possibile procedere alla loro riduzione entro il secondo esercizio successivo. Non solo, ma nel caso in cui questo intervento portasse a un capitale inferiore al minimo legale, è concessa la possibilità che l’assemblea deliberi il rinvio della decisione alla chiusura dell’esercizio successivo. Infine, alle società neo-costituite è data facoltà di cedere le proprie perdite, remunerate, alle società sponsor.

Per quanto attiene l’area del personale, è possibile assumere a tempo determinato, con contratti flessibili di durata di 3 anni: flessibili in quanto tale intervallo è splittabile in contratti di breve durata e rinnovabili ripetutamente senza limiti temporali (tale contratto è però prorogabile una sola volta per un ulteriore anno). Se, infine, il personale in forza supera le 5 unità, non è più necessario tener conto del rapporto fra contratti a tempo determinato e indeterminato.

L’iscrizione al Registro delle imprese, nella sezione speciale, e Italy Frontiers (http://startup.registroimprese.it/isin/home) costituiscono di per sé due fonti di pubblicità fruibili. Quest’ultima fonte è una piattaforma online riservato ai profili che le StartUp possono crearsi anche allo scopo di richiamare potenziali investitori.

Infine, attraverso Ice, è possibile ottenere assistenza a costi ridotti per quanto attiene gli aspetti normativi, societari, fiscali, immobiliari, contrattuali ecc…

Resta il fatto che i finanziamenti possono essere cercati anche attraverso campagne di Equity Crowdfunding, Venture Capitalist o Business Angels.

Sono Società Sponsor quelle aventi:

  • Un esercizio sociale coincidente con quello della Start-Up innovativa
  • Una partecipazione di almeno il 20% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria
  • Una partecipazione agli utili
  • Azioni negoziate in un mercato regolamentato, o in un sistema multilaterale di negoziazione di uno stato UE o in uno spazio economico europeo con cui l’Italia abbia un accordo sullo scambio di informazioni.

Buona lettura!

(1) Da:”Il Sole 24 ore”, “Start-up innovative, poker di aiuti”, del 18 dicembre 2017, pag. 28, a firma Paola Bonsignore, Pierpaolo Ceroli.

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Rimaniamo in attesa delle vostre domande su staff@businessathletics.it e speriamo nella vostra numerosa partecipazione!!

Perché il sistema StartUp tarda a decollare?

Da qualche tempo seguiamo l’evoluzione del mondo StartUp nel nostro Paese e ci sembra che la posizione dell’Italia nel contesto mondiale, pur migliorata, non sia cambiata in modo soddisfacente.

I vari commentatori concordano sostanzialmente sul fatto che il sostegno del governo, dal punto di vista finanziario, sembra essere adeguato (anche se certamente non lo è l’aspetto burocratico connesso), mentre mancherebbe il contributo convinto e deciso delle Istituzioni private o di singoli privati.

Rivediamo le fonti di finanziamento pubblico diretto o indiretto (1):

  • Anzitutto, la norma che finanzia a tasso zero le nuove attività per i giovani entro la fascia 18-35 anni, per progetti di nuove attività con investimenti sino a 1,5 milioni  (progetto Invitalia)
  • Poi le agevolazoni per le “startup innovative” tecnologiche e digitali (progetto Smart & Start)
  • La costituzione di cooperative “semplificate”: oggi bastano 3 soci (progetto delle Centrali nazionali della cooperazione)
  • Il programma “SelfiEmployment” o “Garanzia Giovani” , che prevede un contributo a tasso zero per giovani sino a 29 anni che non studino né lavorino, contributo estensibile a piccole iniziative anche di lavoro autonomo
  • Il programma “Decreto Sud” per i giovani non titolari di impresa, di otto Regioni del Mezzogiorno
  • Lo sgravio contributivo totale per i primi 3 anni, per le nuove iscrizioni nella previdenza agricola, per le imprese e i lavoratori autonomi under 40
  • Erasmus giovani imprenditori (scambio di esperienza fra aspiranti imprenditori europei, della durata di 6 mesi)
  • Le agevolazioni per giovani imprenditori gestite da Regioni, Camere di commercio e altre realtà (Enasarco o realtà professionali).

Agevolazioni fiscali, deroghe al diritto del lavoro e a quello fallimentare sono in atto già dal 2013. Fra le agevolazioni (3) vi è anche una garanzia pubblica sull’80% dei prestiti bancari e la possibilità di pagare i dipendenti in stock option.

Infine, si pensa di coinvolgere gli investitori istituzionali (per esempio i fondi pensione), con agevolazioni fiscali soprattutto sul capital gain.

Anche le idee imprenditoriali ci sono e il supporto di cui sopra ha fatto crescere il numero delle aziende innovative (anche se sono poche quelle che sopravvivono). L’autoimprenditorialità è il sogno dei giovani under 35 in Italia: siamo i primi in Europa per tasso di self employment (il 6,3% della popolazione fra 15 e 35 anni, alla guida di 566268 imprese).

A dimostrazione della validità delle idee imprenditoriali, sta il fatto che l’Italia resta un paese prevalentemente preda di acquisizioni (2): in sette anni circa sono state chiuse operazioni per 1,2 mld di euro (gli Stati Uniti sono il primo paese acquirente di tecnologie e StartUp). Le nuove aziende che vanno meglio sono quelle del settore farmaceutico, manifattura strumentale e software; e vengono acquisite soprattutto da imprese più grandi.

Insomma, il nostro Paese ha una delle normative più avanzate; quello che manca ancora è un vero mercato dei capitali.

Dunque, il punto debole risulta essere lo scarso convincimento delle Istituzioni private o di singoli privati: gli investitori presenti sono più finanziari che industriali, sono attirati cioè da una crescita rapida del valore dell’azienda e da una altrettanto rapida uscita dal capitale, piuttosto che guidati da una visione a medio-lungo termine, forse condizionati dal fatto che a livello mondiale (rapporto Star-Up M&A 2017) il 71% delle startup analizzate non riesce a restituire il capitale investito (soprattutto da venture capital e business angel). Alberto Onetti (Mind the Bridge) riporta che mediamente le startup acquistate (attraverso una operazione di exit) hanno tra i 10 e i 50 collaboratori, tra i 5 e i 15 anni dalla loro costituzione, con un capitale raccolto di oltre 50 milioni di dollari.

In Italia manca, cioè, lo sviluppo di un sistema anche finanziario privato, che sostenga le iniziative delle StartUp e le valorizzi nel loro progetto di evoluzione. La crescita del venture capital è insufficiente. ”Manca (3) un vero mercato dei capitali di rischio, fondi che possono investire da 5 a 10 milioni su tempi lunghi, oppure soggetti privati (angels) che accompagnino i giovani nelle loro avventure aziendali” (Cipolletta-Aifi). Se si fa eccezione per il settore farmaceutico e della innovazione digitale nelle banche e nella finanza, le medie e grandi imprese non sono attive nel promuovere le StartUp perché non amano avventurarsi in idee fortemente innovative (o, quantomeno, tentano di fare innovazione in casa loro), anche se oggi si tenta (Aifi) di coinvolgerle in acceleratori di innovazione esterni.

In conclusione, il “vuoto” non è nelle idee e neppure nelle professionalità, ma negli investimenti, condizionati da un contesto socioculturale del nostro Paese che non alimenta lo sviluppo di nuove idee.

(1) Da: La Stampa, 2 ottobre 2017, estratto da pag.17-18, “Giovani e start-up, dove chiedere i finanziamenti”, a firma M.P.

(2) Da: Italia Oggi , 2 ottobre 2017, estratto da pag.16, “Le startup italiane fanno gola”, a firma Federico Unnia.

(3) Da: L’economia, 2 ottobre 2017, estratto da pag.2,3, “Start-up”, a firma Ferruccio de Bortoli.