Articoli

PIR, VC e… tante opportunità per PMI, StartUp e Investitori

Con i Piani Individuali di risparmio (Pir), varati con la Legge di Stabilità, il Governo mette in campo un nuovo aiuto a StartUp e Pmi nella raccolta di capitali in Borsa; ma intende anche indirizzare il risparmio delle famiglie verso un tipo di finanziamento poco rischioso, a medio-lungo termine e con fiscalità agevolata.

I Pir prevedono investimenti in azioni, obbligazioni, conti correnti e fondi comuni, con il vincolo che almeno il 70% del portafoglio sia in azioni e obbligazioni emesse da imprese italiane quotate. E di questo 70%, il 30% (il che equivale al 21% dell’investimento complessivo) deve andare a imprese non quotate sul segmento principale della Borsa, il che significa piccole realtà (ad esempio, quelle quotate sull’Aim, a quelle non presenti nel Ftse-Mib, l’indice delle prime 40 società di Piazza affari). Lo scopo è quello di agevolare il percorso in particolare delle Pmi verso il mercato borsistico. Ma anche per le StartUp dovrebbero emergere benefici nel percorso verso la quotazione, oltre al fatto che con i Pir si potrebbero raggiungere 1,5 miliardi di investimento all’anno in StartUp.

Il vincolo è quello di non poter uscire dall’investimento per almeno 5 anni, e il vantaggio consiste nella detassazione sui guadagni eventualmente conseguiti.

Word Exellence (articolo citato a fondo pagina) riporta alcune valutazioni relative a questo nuovo aiuto a StartUp e Pmi:

  • alcune positive, in quanto (Vito Ferito) si prevede che banche e compagnie di assicurazioni dispongano di nuovi prodotti innovativi da proporre alla clientela, con vantaggi soprattutto fiscali, e che la nuova forma di investimento (Vito Ferito e Laura Nateri) educhi i clienti ad allungare l’orizzonte temporale dell’investimento e li orienti anche verso il mercato non solo verso le blue chips, ma anche mid e small cap, nonché a orientare i clienti delle banche verso il risparmio gestito
  • altre critiche: il dover investire solo il 21% in strumenti emessi da aziende non presenti sul FtseMib (ancora Vito Ferito) potrebbe dirottare la maggior parte della liquidità ad aziende di grandi dimensioni e ad altre non quotate

Venture Capital, ovvero il capitale di rischio che investe in attività ad alto potenziale di crescita: è già stato sottolineato come esso non muova in Italia elevate masse di denaro come all’estero (i 160-170 milioni di euro investiti contro i 2-3 miliardi di Londra-Berlino-Stoccolma), ma il loro orientamento verso le società digitale e tech permane, e tenta di uscire dall’ambito ristretto del mercato italiano (2). Ma permane purtroppo anche il fatto che i fondi di emanazione regionale portino a una frammentazione delle aree di sviluppo delle startup e non facilitino la nascita di un polo nazionale di sviluppo, a discapito di un punto di forte attrazione di capitali dall’estero.

Legge Sabatini-ter: nonostante ci sia tempo sino al 31 dicembre 2018 per richiedere il contributo al MISE per:

  • il rinnovamento dell’apparato produttivo verso la manifattura digitale
  • l’innovazione di processo e prodotto
  • l’efficienza del sistema imprenditoriale,

il 40% delle risorse messe a disposizione dalla legge Sabatini-ter e previste dalla Legge di Bilancio (28 milioni di euro per il 2017, 84 milioni per il 2018, ecc.) è stato assorbito in pochissimi giorni (3).

Il contributo ministeriale va richiesto alla banca o all’intermediario finanziario a mezzo pec, con apposita domanda firmata digitalmente, certificando il possesso dei requisiti di legge e l’aderenza degli investimenti a quanto previsto. Dopo l’adozione della delibera di finanziamento da parte della banca, il MISE provvede a concedere il contributo, con informativa all’azienda. Il contributo è pari all’interesse calcolato in via convenzionale al tasso del 2,75% su un finanziamento di 5 anni e di importo equivalente a quello concesso da una banca o intermediario aderente alla convenzione con la Cassa depositi e prestiti. L’importo dell’investimento deve essere di almeno 20 mila euro e non superiore a 2 milioni.

Per gli investimenti riconducibili alla Industria 4.0, la Legge di bilancio riconosce uno spread di contributo del 30% rispetto a quello ordinario. Sarà un provvedimento della DI.GE. per gli incentivi alle imprese del MISE a definire termini e modalità di presentazione delle domande di agevolazione che possono accedere alla maggiorazione del contributo a valere sulla riserva del 20%.

Finanziamenti bancari facilitati dal Fondo di Garanzia: ricordiamo che il Fondo è uno strumento pubblico a supporto della concessione dei prestiti da parte delle banche (concede una garanzia pubblica sull’importo erogato che arriva a coprire l’80%) e che la Legge di Stabilità 2017 ha previsto il finanziamento di 1 miliardo.

Le StatUp hanno un accesso privilegiato, in quanto la modalità è:

  • gratuita
  • diretta: il Fondo non deve fare una due diligence ulteriore rispetto a quella già effettuata dalla banca
  • con accesso è prioritario, in quanto è il Comitato del Fondo che valuta le richieste, le esamina e delibera in via prioritaria.

Per ottenere il prestito, è sufficiente che la StartUp si rivolga ad una banca e chieda che venga acquisita la garanzia del Fondo, presentando bilanci o un business plan. La banca contratta i tassi di interesse e le condizioni di rimborso; quindi, attiva velocemente la procedura con il Fondo: importo max dell’intervento: 2,5 milioni di euro e fino ad un massimo dell’80% del finanziamento su tutti i tipi di operazione, tanto per liquidità che per investimenti.

Al riguardo si può consultare il sito del MISE: link.

Anche se la legge non prevede che sulla parte garantita del Fondo possano essere acquisite garanzie reali, può accadere che la banca chieda garanzie personali. Anche se la cosa può apparire contradditoria, purtroppo non è illegale: per uscire da questa situazione, non resta che tentare con un’altra banca o valutare la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi, come programmi pubblici di finanziamento agevolato (Smart&Start), Horizon 2020 e banche regionali.

Chiudiamo con una riflessione interessante sul crowdfunding. Stefano Guidotti, cofondatore di U-Start, ha esperienza di advisor per investitori privati: egli effettua attività di scouting, analisi, valutazioni per presentare le opportunità di investimento ai loro clienti, in particolare di società dell’area digitale e tech di tutto il mondo, non necessariamente StartUp, ma soprattutto nella prima fase di crescita. Ebbene, egli sottolinea la sua diffidenza per il crowdfunding e per forme (vedi Legge di Stabilità) che spingono il piccolo risparmio privato in direzioni di investimento alternativo rischioso. Il fatto poi che la maggior parte di investimenti di Venture Capital in StartUp si concentri solo sul 5% delle StartUp registrate, è per lui cosa plausibile, dal momento che il 70% delle StartUp innovative non arriva a fatturare 20mila euro l’anno, restando dunque poco attrattive.

Buona lettura!

(1) Da: “Avvenire” del 11 gennaio 2017, estratto da pag. 19. Titolo originale: “L’iniziativa. La corsa alla Borsa con i Pir. Dalla legge di Stabilità la spinta a startup e pmi”,  a firma: Caterina Madoni

(2) Da: “L’impresa” del 11 gennaio 2017, estratto da pag. 59, 60. Titolo originale: “Su chi vale la pena investire” a firma: G.Guc.

(3) Da: “Il sole 24 ore” del 13 gennaio 2017, estratto da pag. 35, 41. Titolo originale: “Sabatini-ter, corsa ai contributi”, a firma: Alessandra Sacrestano link

(4) Da: 2Word Exellence” del 2 febbraio 2017, estratto da pag. 80, 81. Titolo originale: “Investire sulle PMI senza pagare tasse”, a firma:-

2016: tutti i numeri dello StartUp System

In questi giorni sono apparsi sui giornali numerosi articoli che hanno fotografato lo stato di salute del Sistema StartUp del nostro paese con i dati a consuntivo al 31 dicembre 2016 (1):

  • il loro totale ammonta a 6.745 (lo 0,42% di 1,5 milioni di  società di capitali attive nel nostro Paese)
  • il capitale sociale supera i 351 M€ (media di 52 k€/impresa)
  • il 70,56%  fornisce servizi alle imprese: software e consulenza informatica in testa, seguita a distanza da attività di R&S e poi da servizi di informazione
  • il 20% opera nella fabbricazione di computer, prodotti elettronici e ottici, macchinari ed apparecchiature elettriche; il 4,3% nel commercio
  • 2.698 delle StartUp innovative davano occupazione, a fine settembre 2016, a un totale di 9.169 addetti
  • 27.003 sono i soci delle 6.580 StartUp innovative che presentano almeno un socio, per un complessivo di soci e addetti coinvolti di 35.000 unità (+44,79% rispetto all’anno precedente)
  • la Regione Lombardia è quella in cui è presente il maggior numero di StartUp (1.516), con Milano che da sola registra 1.040 StartUp.

Ai dati di cui sopra aggiungiamo i seguenti, estratti dal documento dell’Osservatorio del Politecnico Milano (2):

  • totale investimenti dal 2012 al 2016 in StartUp hi-tech in Italia: 112-129-120-147-182 (stima) milioni di euro. Nel 2015 l’aumento è stato del +22% e nel 2016 del +24%
  •  dal 2012 al 2015 gli investimenti (riferiti alle StartUp che hanno ottenuti round di finanziamento da parte degli investitori formali) nell’area digitale hanno oscillato fra il 68% e il 75%; quelli in energia pulita si sono via via ridotti dal 16% all’ 8%; quelli relativi alla life science hanno oscillato fra il 10% e il 21%
  • analizzati per Regione, sempre dal 2012 al 2015, nel nord gli stessi investimenti hanno sempre oscillato fra il 53% (del 2013) al 60% (del 2012); nel 2015 sono stati del 58%. La differenza al 100% è più spostata al sud che al centro Italia
  • il 70% delle StartUp nate, sempre dal 2012 al 2015, sono di tipo innovativo.

Il rapporto in questione indica le 10 StartUp con il più elevato financing roud: si va da un massimo di 23 M€ per “moneyfarm”, a un minimo di 6,5 M€ per “BeMyEye”. In questo range sono citate: Talent Garden, musement, Credimi, Silk. nousCom, movendo, Rigenerand, Mosaicoon.

Il numero di round che superano 1M€ oscilla fra 32 e 37 negli anni 2012-2015, per salire a 45 (con +25% rispetto all’anno precedente) nel 2016.

Il numero di StartUp con turnover superiore a 1 M€ sale via via da 31 del 2012, a 37; poi 51 e infine a 67 del 2015; l’aumento di questi ultimi due anni è stato del 31%.

Il rapporto cita poi i nomi delle StartUp:

  • con i valori più elevati di exit value: si va da 16,7 M€ per Directaplus, a 4,2 M€ per Dominin Hosting Holding, a 3,8 M€ per Vetrya, cui seguono: Greenled, memopal, Fab, CercaClienti.it, IQUII, Cliccapromo (0,15 M€)
  • con gli undisclosed exit value, e sono: maketag, solair, interactive project, lo Ritiro, Yogitech, WW, Foodinho, 20 lines, hellofood, Medic, Facile.it, Ubiq.

Il numero di StartUp con i più elevati valori di exit values è stato di: 19 (nel 2013), 20, 25 e 19 (inizi ottobre 2016).

Quanto ai finanziamenti (3) ecco i numeri:

  • le StartUp che ad oggi hanno attivato finanziamenti bancari facilitati dal Fondo di Garanzia sono 1.239; tenendo presente che alcune di esse hanno attivato più di un finanziamento, le operazioni attivate ammontano a 1.987; l’importo massimo di finanziamento che si può richiedere è di 2,5 M€
  • l’importo medio dei prestiti con tale Garanzia è di 246 k€; 384 M€ è il totale dell’importo garantito oggi; 4,5 anni è la durata media è la durata media dei finanziamenti alle StartUp innovative garantiti dal Fondo

Dealroom, nel rapporto sopra citato e ripreso dal link, riferisce che nel 2016 le StartUp europee hanno segnato un record: 16,2 miliardi di euro di raccolta capitali, pari al +12% rispetto all’anno precedente e +32% in termini di numero di deal. Ciò lo si deve fondamentalmente, in ordine decrescente, a: Spotify (909 M€), Global Fashion Group, Jumia, Gett, Deliveroo, OVH, Payoneer, Skyscanner (154 M€).

Nel quadro globale, mentre UK (520 deal) e Germania (380 deal) hanno fatto registrare un rallentamento, la Francia si è caratterizzata per il record di 590 deal ed è passata da 1,5 a 2,7 miliardi di euro di capitale investito (la crescita degli early stage round è raddoppiata, quella dei seed round triplicata). Ancora desolante, in questo quadro, è purtroppo la posizione dell’Italia, che si caratterizza anche per la scarsissima attrattività di fonti di finanziamento internazionali.

Dal punto di vista della tipologia di investimenti, rallentano le imprese del tipo B2C e crescono quelle B2B. La crescita maggiore è nel deal early stage fino alla fase di series B e C, mentre la contrazione riguarda i deal da series D in poi; di conseguenza, si riduce il numero di StartUp che raggiunge la fase di round successivo.

I valori medi degli investimenti seguono lo stesso tipo di andamento, cioè aumento nel seed e series A round, riduzione per le series B e C.

Nel 2016, la raccolta dei VC europei è aumentata del 33% rispetto al 2015; anche gli investimenti di origine corporate sono in aumento (30% degli investimenti complessivi). Da rilevare che in Italia sono stati investiti in VC solo 2,7 euro per abitante.

Il documento a riferimento sottolinea che la competitività delle imprese è legata alla capacità di gestire e promuovere la trasformazione digitale e l’innovazione imprenditoriale.

Quanto al peso, in termini di valore, degli hub sui singoli paesi di appartenenza: in testa è Londra con Edimburgo, seguita da Parigi, Tel-Aviv, Berlino, ecc.. Milano ha un peso del 8,5% sul totale.

Con riferimento alle economie simili, la situazione italiana denuncia un continuo declino: StartUp che cercano fondi all’estero, politiche che non hanno un  adeguato orizzonte temporale, strategie – anche per quanto concerne gli investimenti da parte pubblica – non allineate alle esigenze del mercato, necessità di recuperare credibilità nel quadro della competitività internazionale.

Significativo è il fatto che le StartUp italiane, quando diventano grandi, siano costrette a cercare finanziamenti all’estero. Il nostro è un problema strutturale, finanziario, culturale.

Concludiamo con i dati rilevati dal MISE al 3° trimestre 2016 (4): le oltre 6.000 StartUp hanno un organico medio di 3 persone per impresa e oltre il 50% di imprese non dà occupazione a più di due persone.

A fine 2016, il reddito operativo è -88 M€ (negativo!) e per il 57% delle aziende il bilancio è in perdita (34,67% per le altre società di capitali).

La metà delle neoaziende italiane fattura meno di 30 k€ l’anno (e vanno tolte le spese operative della StartUp), con evidenti problemi di sostenibilità economica e crescita.

Buona lettura!

(1) La stampa, del 30 gennaio 2017, Rapporto del ministero dello sviluppo. “Le StartUp innovative creano 35mila posti di lavoro” a firma W.P.

(2) Da: Politecnico Milano, Osservatorio.Net, digital innovation. Titolo documento: Osservatorio StartUp Hi-tech: risultati della ricerca 2016, a firma: Antonio Ghezzi

(3) Da: Millionaire del 1 febbraio 2017, “Fai intervenire il Fondo di Garanzia”, pagine da 52 a 55, a firma Tiziana Tripepi

(4) Da: Il Sole 24 ore del 17 gennaio 2017, estratto da pag.25, 29. Titolo originale: ”Ogni startup innovativa occupa solo tre persone” a firma: Alberto Magnani

Per chi cerca e per chi offre: INVESTIRE in StartUp

Ambiente stimolante e finanziamenti: ecco l’humus per far crescere le giovani StartUp. L’attuale mercato, abbassando i tassi di interesse, favorisce implicitamente gli investitori nella ricerca di nuove vie.

In un articolo precedente avevamo segnalato che il Governo, con la legge di bilancio – Piano Industria 4.0 – ha aumentato da 150 milioni/anno a 1 miliardo nel 2020 i finanziamenti per le StartUp innovative che sono nel primo momento di sviluppo successivo all’avvio (early stage) e che investono in R&D. Ora è consentito di sponsorizzare nuove iniziative: ad esempio, alle aziende quotate è consentito di acquistare le perdite dei primi quattro esercizi prodotte da StartUp di cui detengano almeno il 20% del capitale. Le aziende sponsor ripianano in tal modo il bilancio e hanno la possibilità di scaricare completamente le perdite.

Un altro aiuto viene dalle migliori agevolazioni fiscali: 19% di detrazione sull’Irpef fino a 500 mila euro di capitale investito per i privati e 20% di deduzione sull’Ires, fino a un massimo di 1,8 milioni per le imprese. C’è poi l’aumento del tetto per i privati, che raddoppia a 1 milione di euro.

È superato anche il limite sinora esistente per la tipologia di StartUp: infatti, il 30% di agevolazione fiscale vale per ogni tipo di StartUp, anche se sono a vocazione sociale e commercializzano prodotti hi-tech nell’energia. E questo vale sia per gli investimenti diretti, che per quelli attraverso società intermediarie.

Poi ci sono gli investitori privati; ad esempio:

  • “Primomiglio Sgr” con il Fondo Barcamper (50 milioni di euro), che intende investire in 150-200 StartUp tecnologiche ad alto potenziale nei prossimi 5 anni
  • l’Osservatorio start-up hi-tech del Politecnico di Milano che prevede, per il 2015, un finanziamento di 133 milioni per le start-up early stage
  • Digital Magics che porta questa cifra per il 2016 a 180 milioni.

Si tratta di cifre chiaramente inferiori, come nota l’autore dell’articolo citato a fondo pagina, a quelle di altri Paesi come Francia e Gran Gretagna (1,7 e 1,8 miliardi rispettivamente) e Germania (2 miliardi). Ma sono meno numerose anche le StartUp innovative attive presso la Camera di Commercio (a fine novembre 2016  superavano le 6500).

Infine, vanno annoverati nella fase di avvio, anche investitori privati, come i soci, investitori specializzati, business angel, incubatori, crowdfunding.

Dopo le fasi di vita iniziali della StartUp – preseed, seed, early stage, late stage, sviluppo finanziato in genere da venture capital, cioè nella fase di espansione della StartUp o quando già è diventata Pmi – intervengono i grandi fondi di venture capital e private equity. Nel primo semestre 2016 i capitali impegnati ammontavano già a 4,9 miliardi (fonte Aifi), il che significa un aumento del 17% rispetto all’anno precedente.

Una nota dolente, purtroppo, consiste nella difficoltà di cessione (l’exit) delle quote da parte dei privati, anche se c’è qualcuno (sim di AscomFidi Nord Ovest e Banca Intermonte) che è impegnato a rimuovere questa difficoltà. Purtroppo, oggi è più semplice scambiare azioni che quote, e al riguardo dovrebbe intervenire la legislazione.

Comunque, Francesco Lato, business angel in 25 StartUp e partner di Widening, sostiene che “un 5-10% di investimenti in StartUp ha un ritorno con multipli eccezionali, un altro 20% multipli interessanti e un 30% ritorni minimi o va in pareggio”.

A fondo pagina, l’articolo qui commentato riporta il numero delle StartUp italiane per tipologia e i conti delle aziende innovative appena nate.

Matteo Amerio – analista della società di venture capital Early Bird – ha effettuato una analisi relativa alle ragioni che tengono gli investitori lontani dall’Italia. Ecco i risultati relativi alle interviste di investitori e imprenditori di 500 StartUp italiane:

  • troppa burocrazia: le imprese italiane impiegano il 52% di tempo in più rispetto ai concorrenti europei in procedure burocratiche
  • scarsa conoscenza di cosa sia una StartUp e a che cosa serva per renderla competitiva
  • mancanza di un luogo ad alta concentrazione di StartUp
  • rigidità del mondo del lavoro (tempi di risoluzione delle controversie e ricambio del personale)
  • bassa propensione al rischio di chi detiene i capitali, per cui per le StartUp è difficile reperirli
  • qualità dei prodotti e dei servizi delle StartUp, che sarebbe mediamente inferiore a quello delle concorrenti europee ed americane.

Volete un aiuto per rimuovere alcune di queste difficoltà? Contattateci e saremo felici di lavorare fianco a fianco con voi!

Buona lettura.

Da:”Capital” , 5 gennaio 2017, estratto da pag. 38,39,40,41,42,44,46 – Titolo originale: “Come si guadagna finanziando start-up”,  a firma: Antonio Spampinato

Da:”Capital” , 7 gennaio 2017, estratto da pag. 15 – Titolo originale: “Quello che manca alle nostre start-up”,  a firma: –