Ritenete che la vostra idea imprenditoriale sia vincente?

Verificatelo proponendola a uno StartUp weekend!

È diventato un gioco, uno slogan: fondare una company in 54 ore. L’idea di dar corpo a una sfida tesa a validare un’idea innovativa nel tempo di un weekend è di Andrew Hyde e risale al 2007; ma l’avventura vera e propria è iniziata in Colorado nel 2015 e sta prendendo piede in tutto il mondo. Nei prossimi giorni (dal 24 al 26 marzo) sbarca in Italia, a Salerno.

Protagonisti di eventi degli StartUp Weekend sono gli aspiranti StartUpper con la loro idea, ma anche Sviluppatori, Designer, Esperti di marketing o business, Imprenditori: insomma tutte persone che mettono la propria competenza a disposizione degli StartUpper.

Dal primo evento di questo tipo, che risale al 2015, ne sono già stati realizzati numerosissimi (vedi di seguito). Dietro c’è una organizzazione ad hoc che si è data una procedura, un vero e proprio manuale scaricabile da internet; si tratta di un format di uno dei maggiori acceleratori americani: Techstar-Seattle (https://startupweekend.org/organizers). L’evento può essere l’occasione anche per creare una Community.

L’articolo citato a fondo pagina, riporta che i team che a oggi si sono formati assommano a 23 mila, 193 mila sono i membri della Community, 150 i paesi in cui un tale evento è stato organizzato, 2900 gli StartUp Weekend organizzati (20 gli eventi di questo tipo organizzati in Italia nel 2016).

Ecco in sintesi come si svolge il weekend:

  • Il venerdì sera incontro dei partecipanti e chi ha una idea la illustra (“pitch”) nel tempo di 60 secondi
  • I pitch si susseguono sino a esaurire le idee; alla fine si assegna un voto a ogni idea
  • Intorno ai primi 10 progetti che hanno raccolto il maggior numero di voti si creano altrettanti team di lavoro
  • Dal sabato mattina si inizia a lavorare su questi progetti per realizzare gli obiettivi di business model, customer validation, execution e design. Nel caso di una App, ad esempio, nel tempo suddetto si può giungere sino al minimum viable product, ossia al prodotto digitale che abbia le caratteristiche base di quello che poi sarà il prodotto completamente sviluppato; nel caso di piattaforme più complesse, invece, l’obiettivo finale è quello della validazione dell’idea, ossia dimostrare che il mercato cerca quel prodotto. Questa fase è seguita da Mentors (altri StartUpper, oppure Manager, esperti di varie discipline e anche Imprenditori) che aiutano i team in maniera informale.
  • La domenica pomeriggio, entro le ore 16, i progetti devono essere consegnati, quindi illustrati in un pitch di 5 minuti a una giuria di Investitori che deve quindi esprime la propria valutazione in base agli elementi citati al punto precedente.

Fine della maratona!

La facoltà di organizzare uno StartUp Weekend è lasciata alla libera iniziativa di tutti, purchè abbiano già partecipato ad almeno un evento di questo tipo. Per partecipare, è sufficiente candidarsi sul sito compilando un form e proponendo città e data dell’evento. Sarà l’organizzazione a mettere in contatto l’aspirante organizzatore con una persona (un facilitatore certificato) che abbia già organizzato alcuni di questi eventi e che, pertanto, abbia la necessaria esperienza per garantire che l’evento abbia successo, ovvero che sia un evento di valore e rispecchi i requisiti dello Startup Weekend.

L’evento è totalmente finanziato sia da sponsor locali (Aziende, Istituzioni, Camere di Commercio, etc.) sia attraverso la vendita dei biglietti.

Buona lettura!

Da: Millionaire, del 01 marzo 2017, pag.da 96 a 100, “Così organizzo uno startup weekend”, a firma Simone Demelas

StartUp: piccole curiosità per chi comincia

Riportiamo in sintesi numerose curiosità per chi si sta iniziando a interessarsi al mondo delle StartUp. Ogni capitolo una curiosità!

Incubatori, competence centers, coworking e fablab: cosa e dove sono?

Per chi non ha ormai familiarità con il mondo delle StartUp e cerca di farsene una idea attraverso la stampa, ecco un piccolo dizionario di alcuni termini ricorrenti.

È la condivisione di spazi, idee, competenze e strumenti a costituire il denominatore comune a incubatori, competence centers, coworking e fablab.

Incubatori e acceleratori di impresa (oggi circa una centinaio) sono le realtà che seguono le StartUp in fase di costituzione ed avviamento; poi, definito business plan e strategie, le aiutano nella ricerca degli investitori. I più noti sono H-Farm Seed Ventures, H-camp, PoliHub, l’incubatore del Politecnico di Milano,Techpeaks, Luiss Enalbs, StartItalia, Working Capital, Barcamper. Il modello dei parchi scientifici e tecnologici, invece, aggregano aziende e infrastrutture (i “cluster”, ad esempio Vega) per la ricerca e sviluppo nei settori: tech, agroalimentare, sostenibilità e biotech.

Il coworking, come dice la parola, è una forma di aggregazione di uno spazio di lavoro per freelancer di vari settori, onde consentire la fruizione di servizi comuni ed avere la possibilità di contatti con altri che operano in settori affini. Sono circa 300 in Italia (la maggior concentrazione sempre al Nord); i più noti sono Talent Garden, Impact Hub e Copernico.

Poi c’è il mondo dei makers (artigiani digitali) e dei fablab: si tratta di “laboratori di fabbricazione digitale su piccola scala”, in grado di produrre potenzialmente quanto normalmente non viene prodotto a livello industriale. In Italia i più noti sono a Torino, Milano e Roma.

Cosa serve a una StartUp?

Riportiamo quanto asserisce Emanuela Zaccone, startupper e imprenditrice, circa l’esperienza di fare StartUp:

  • la dedizione alla StartUp è fondamentale, perché non si tratta di un hobby
  • è necessario un elevato grado di maturità e una organizzazione ferrea
  • la “visibilità” non si ottiene partecipando a tutti gli eventi, ma a quelli di elevato livello e di prestigio: informarsi, pertanto, sui partecipanti
  • i social media costituiscono un ottimo veicolo di networking e di costruzione della reputazione, ma occorre imparare ad usarli bene
  • le StartUp sono luoghi di apprendimento. Poiché crescono e cambiano rapidamente, se necessario occorre imparare a cambiare strategie e modelli di business
  • massima attenzione al feedback degli utenti perché costituiscono la “bussola” imprenditoriale
  • occorre conoscere e studiare l’ecosistema.

Come cambiano i criteri di valutazione delle StartUp?

I Venture Capital stanno cambiando i criteri di valutazione dei potenziali investimenti:

  • dalla valutazione di chi sono i fondatori dell’azienda, la loro formazione, le iniziative in cui sono già stati coinvolti e le loro referenze
  • all’idea di business, ma, prima ancora, a chi sono i fondatori/il team alla guida del progetto, soprattutto nel caso di StartUp giovani e in ambito IT.

Del team guida si valutano in particolare, in ordine decrescente, la capacità e l’esperienza nel settore, quindi anche passione, capacità di lavorare in gruppo ed esperienza imprenditoriale.

La ricerca: ”How Do Venture Capitalists Make Decisions?” di Paul A.Gompers et al. (National Bureau of Economic Research working paper) ha analizzato anche le modalità con cui i Venture Capitalist reperiscono le operazioni interessanti e come gestiscono e supportano i fondatori dopo l’investimento. Ebbene, risulta che i VC prendono in considerazione in particolare il modo con cui il gruppo dirigente valuta in fase retrospettiva i risultati del loro investimento. Insomma, la capacità del gruppo dirigente è la variabile decisiva.

E le agevolazioni fiscali?

Il suggerimento: esaminare con attenzione bonus, misure fiscali, finanziarie e intrecci possibili.

“Le 6745 aziende iscritte nel Registro sono in crescita del 6% con 35mila addetti”: così recita l’apertura dell’articolo citato a fondo pagina. Poi:” Fino a 600mila euro di risparmi cumulando le misure”.

Le agevolazioni pensate o adattabili alle StartUp innovative con l’ultima legge di Bilancio salgono a 28 e i bonus fiscali a una decina, non tutti noti agli startupper: ma attenzione, perché occorre conoscere a fondo norme e cumulabilità tra gli incentivi per non incorrere in problemi fiscali. In realtà, occorre una consulenza fiscale qualificata per districarsi fra i requisiti necessari. Benefici, come patent box o crediti di imposta, sono riservati solo ad alcune tipologie di attività, e divieti, come la distribuzione degli utili, secondo il tipo di operazione con la quale è nata l’azienda, costituiscono un percorso a ostacoli quando si voglia massimizzare i risparmi.

Il quotidiano richiamato aiuta a prendere atto delle disposizioni nel merito e riporta, in coda all’articolo:

  • l’elenco delle 28 agevolazioni a disposizione delle StartUp innovative
  • quello delle misure fiscali, finanziarie e delle facilitazioni

e riassume in un utile schema gli intrecci possibili tra i bonus.

Un tentativo di bilancio sull’efficacia degli strumenti è previsto per il 13 febbraio sullo StartUp Act italiano 2016, a cura di MISE e I.Venture Group.

Il potenziamento al 30% dell’incentivo per gli investimenti del 2016 ha fatto affluire capitali in ingresso e, secondo l’Osservatori oStartup hitech del Politecnico di Milano, l’equity investito in StartUp lo scorso anno è aumentato del 24% rispetto al 2015, anche se modesto rispetto ai dati di altre realtà UE.

Se avete desiderio di approfondimentinon esitate a contattarci!

Buona lettura.

Da: Affari &Finanza, del 13 febbraio 2017, pag.8,9, “Acceleratori e fblab, così si crea il futuro” a firma Sara D’Agati.

Da: “Millionaire” del 1 febbraio 2017 “Le 7 cose che ho imparato facendo startup” pag.97

Da: Harward Business Review, del 9 febbraio 2017, “Venture Capital: scommettete sui fantini, non sui cavalli” articolo non firmato

Da: Il sole 24 ore, del 6 febbraio 2017, titolo: “StartUp innovative: dal personale alle tasse: slalom tra 28 incentivi” a firma Michela Finizio e Gabriele Sepio

2016: tutti i numeri dello StartUp System

In questi giorni sono apparsi sui giornali numerosi articoli che hanno fotografato lo stato di salute del Sistema StartUp del nostro paese con i dati a consuntivo al 31 dicembre 2016 (1):

  • il loro totale ammonta a 6.745 (lo 0,42% di 1,5 milioni di  società di capitali attive nel nostro Paese)
  • il capitale sociale supera i 351 M€ (media di 52 k€/impresa)
  • il 70,56%  fornisce servizi alle imprese: software e consulenza informatica in testa, seguita a distanza da attività di R&S e poi da servizi di informazione
  • il 20% opera nella fabbricazione di computer, prodotti elettronici e ottici, macchinari ed apparecchiature elettriche; il 4,3% nel commercio
  • 2.698 delle StartUp innovative davano occupazione, a fine settembre 2016, a un totale di 9.169 addetti
  • 27.003 sono i soci delle 6.580 StartUp innovative che presentano almeno un socio, per un complessivo di soci e addetti coinvolti di 35.000 unità (+44,79% rispetto all’anno precedente)
  • la Regione Lombardia è quella in cui è presente il maggior numero di StartUp (1.516), con Milano che da sola registra 1.040 StartUp.

Ai dati di cui sopra aggiungiamo i seguenti, estratti dal documento dell’Osservatorio del Politecnico Milano (2):

  • totale investimenti dal 2012 al 2016 in StartUp hi-tech in Italia: 112-129-120-147-182 (stima) milioni di euro. Nel 2015 l’aumento è stato del +22% e nel 2016 del +24%
  •  dal 2012 al 2015 gli investimenti (riferiti alle StartUp che hanno ottenuti round di finanziamento da parte degli investitori formali) nell’area digitale hanno oscillato fra il 68% e il 75%; quelli in energia pulita si sono via via ridotti dal 16% all’ 8%; quelli relativi alla life science hanno oscillato fra il 10% e il 21%
  • analizzati per Regione, sempre dal 2012 al 2015, nel nord gli stessi investimenti hanno sempre oscillato fra il 53% (del 2013) al 60% (del 2012); nel 2015 sono stati del 58%. La differenza al 100% è più spostata al sud che al centro Italia
  • il 70% delle StartUp nate, sempre dal 2012 al 2015, sono di tipo innovativo.

Il rapporto in questione indica le 10 StartUp con il più elevato financing roud: si va da un massimo di 23 M€ per “moneyfarm”, a un minimo di 6,5 M€ per “BeMyEye”. In questo range sono citate: Talent Garden, musement, Credimi, Silk. nousCom, movendo, Rigenerand, Mosaicoon.

Il numero di round che superano 1M€ oscilla fra 32 e 37 negli anni 2012-2015, per salire a 45 (con +25% rispetto all’anno precedente) nel 2016.

Il numero di StartUp con turnover superiore a 1 M€ sale via via da 31 del 2012, a 37; poi 51 e infine a 67 del 2015; l’aumento di questi ultimi due anni è stato del 31%.

Il rapporto cita poi i nomi delle StartUp:

  • con i valori più elevati di exit value: si va da 16,7 M€ per Directaplus, a 4,2 M€ per Dominin Hosting Holding, a 3,8 M€ per Vetrya, cui seguono: Greenled, memopal, Fab, CercaClienti.it, IQUII, Cliccapromo (0,15 M€)
  • con gli undisclosed exit value, e sono: maketag, solair, interactive project, lo Ritiro, Yogitech, WW, Foodinho, 20 lines, hellofood, Medic, Facile.it, Ubiq.

Il numero di StartUp con i più elevati valori di exit values è stato di: 19 (nel 2013), 20, 25 e 19 (inizi ottobre 2016).

Quanto ai finanziamenti (3) ecco i numeri:

  • le StartUp che ad oggi hanno attivato finanziamenti bancari facilitati dal Fondo di Garanzia sono 1.239; tenendo presente che alcune di esse hanno attivato più di un finanziamento, le operazioni attivate ammontano a 1.987; l’importo massimo di finanziamento che si può richiedere è di 2,5 M€
  • l’importo medio dei prestiti con tale Garanzia è di 246 k€; 384 M€ è il totale dell’importo garantito oggi; 4,5 anni è la durata media è la durata media dei finanziamenti alle StartUp innovative garantiti dal Fondo

Dealroom, nel rapporto sopra citato e ripreso dal link, riferisce che nel 2016 le StartUp europee hanno segnato un record: 16,2 miliardi di euro di raccolta capitali, pari al +12% rispetto all’anno precedente e +32% in termini di numero di deal. Ciò lo si deve fondamentalmente, in ordine decrescente, a: Spotify (909 M€), Global Fashion Group, Jumia, Gett, Deliveroo, OVH, Payoneer, Skyscanner (154 M€).

Nel quadro globale, mentre UK (520 deal) e Germania (380 deal) hanno fatto registrare un rallentamento, la Francia si è caratterizzata per il record di 590 deal ed è passata da 1,5 a 2,7 miliardi di euro di capitale investito (la crescita degli early stage round è raddoppiata, quella dei seed round triplicata). Ancora desolante, in questo quadro, è purtroppo la posizione dell’Italia, che si caratterizza anche per la scarsissima attrattività di fonti di finanziamento internazionali.

Dal punto di vista della tipologia di investimenti, rallentano le imprese del tipo B2C e crescono quelle B2B. La crescita maggiore è nel deal early stage fino alla fase di series B e C, mentre la contrazione riguarda i deal da series D in poi; di conseguenza, si riduce il numero di StartUp che raggiunge la fase di round successivo.

I valori medi degli investimenti seguono lo stesso tipo di andamento, cioè aumento nel seed e series A round, riduzione per le series B e C.

Nel 2016, la raccolta dei VC europei è aumentata del 33% rispetto al 2015; anche gli investimenti di origine corporate sono in aumento (30% degli investimenti complessivi). Da rilevare che in Italia sono stati investiti in VC solo 2,7 euro per abitante.

Il documento a riferimento sottolinea che la competitività delle imprese è legata alla capacità di gestire e promuovere la trasformazione digitale e l’innovazione imprenditoriale.

Quanto al peso, in termini di valore, degli hub sui singoli paesi di appartenenza: in testa è Londra con Edimburgo, seguita da Parigi, Tel-Aviv, Berlino, ecc.. Milano ha un peso del 8,5% sul totale.

Con riferimento alle economie simili, la situazione italiana denuncia un continuo declino: StartUp che cercano fondi all’estero, politiche che non hanno un  adeguato orizzonte temporale, strategie – anche per quanto concerne gli investimenti da parte pubblica – non allineate alle esigenze del mercato, necessità di recuperare credibilità nel quadro della competitività internazionale.

Significativo è il fatto che le StartUp italiane, quando diventano grandi, siano costrette a cercare finanziamenti all’estero. Il nostro è un problema strutturale, finanziario, culturale.

Concludiamo con i dati rilevati dal MISE al 3° trimestre 2016 (4): le oltre 6.000 StartUp hanno un organico medio di 3 persone per impresa e oltre il 50% di imprese non dà occupazione a più di due persone.

A fine 2016, il reddito operativo è -88 M€ (negativo!) e per il 57% delle aziende il bilancio è in perdita (34,67% per le altre società di capitali).

La metà delle neoaziende italiane fattura meno di 30 k€ l’anno (e vanno tolte le spese operative della StartUp), con evidenti problemi di sostenibilità economica e crescita.

Buona lettura!

(1) La stampa, del 30 gennaio 2017, Rapporto del ministero dello sviluppo. “Le StartUp innovative creano 35mila posti di lavoro” a firma W.P.

(2) Da: Politecnico Milano, Osservatorio.Net, digital innovation. Titolo documento: Osservatorio StartUp Hi-tech: risultati della ricerca 2016, a firma: Antonio Ghezzi

(3) Da: Millionaire del 1 febbraio 2017, “Fai intervenire il Fondo di Garanzia”, pagine da 52 a 55, a firma Tiziana Tripepi

(4) Da: Il Sole 24 ore del 17 gennaio 2017, estratto da pag.25, 29. Titolo originale: ”Ogni startup innovativa occupa solo tre persone” a firma: Alberto Magnani