Bilancio e Futuro per le StartUp

Nel primo semestre 2016 gli investimenti in StartUp hanno superato i 100 mln (59 operazioni), in testa ancora Lombardia e poi Emilia Romagna (“Affari e finanza” del 24 ottobre, a firma: r.rap.).

Il bilancio del 2015  relativo a 3853 StartUp innovative (60,55% del totale StartUp) evidenzia un valore di produzione lorda di oltre 585 mln di euro (contro i 325 del precedente anno), con un aumento del valore medio della produzione del 33,4%. In Italia, le StartUp innovative (Elena Delfino, “Il sole 24 ore” del 25 ottobre) costituiscono sempre una piccola quota (0.4%) del totale delle società di capitali ed emerge la necessità di andare sul mercato internazionale. Assocamerestero, InnovAzione e numerose Camere di Commercio Italiane all’estero, con il supporto finanziario del Mise, stanno operando per favorire questo passo.

A fine settembre 2016 il numero delle StartUp italiane ha raggiunto quota 6362 (+17%), un terzo delle quali opera nel settore energetico (“Corriere innovazione” del 20 ottobre 2016). Tuttavia, le StartUp che fanno innovazione contribuiscono ancora troppo poco (323 milioni) al PIL italiano e la loro competitività sul mercato internazionale resta sempre una sfida.

Ma la strategia di queste aziende sta evolvendo, alla ricerca continua di un riscontro alle opportunità di mercato (in primis in Germania e Regno Unito per il mercato europeo e in Canada e Stati Uniti per i paesi extra europei) e alla costruzione di un rapporto di fiducia.

Customization means relationship”: personalizzare un prodotto significa prima di tutto costruire relazioni e tradurne l’esito in valore economico (“Il sole 24 ore” del   23 ottobre, ”Imprese digitali e coesive”, di Stefano Micelli e Paolo Ventura). Ma come fare incontrare la varietà di prestazioni dei prodotti con l’effettiva domanda di mercato?. La risposta data da alcune piccole e medie aziende digitali, superando lo schema di marketing secondo il quale il consumatore è un soggetto da “colpire più che da ascoltare”, è che l’azienda deve dialogare col consumatore e produrre coerentemente con quanto appreso. Questo approccio, per la verità non del tutto nuovo, è già in atto nell’ambito delle tecnologie della manifattura digitale di molti settori  dell’artigianato made in Italy. Domanda e offerta si incontrano (approccio, appunto, “inclusivo”) per costruire ponti fra culture e paesi anche lontani fra loro, riunendo in tal modo la tecnologia e il saper fare della tradizione, ossia la cultura latente della tradizione: ecco perché si parla di “artigianalità sociale”, di una competitività che regge sui due pilastri “tecnologia” e “sociale”.

Di più.

Per consentire anche alle aziende dotate di risorse limitate di sviluppare le loro idee innovative (“La stampa”: “Open innovation. Il sapere condiviso fra startup, aziende e università” del 24 ottobre, Dario Marchetti), si sta affermando la “open innovation”, che raccoglie competenze da varie fonti (Università, Centri di ricerca, start up) per sostenere il loro sforzo innovativo attraverso la condivisione delle conoscenze. In questo modo, si ritiene di facilitare anche la diffusione delle idee innovative e favorire l’incontro con gli investitori. Come esempio, si cita Barcamper, una piattaforma itinerante (un camper) costruita da Dpixel per raccogliere le idee innovative e traferirle poi alle imprese.

Infine, Telecom presenterà a Smau la nuova piattaforma business open (“Tim Open”) per consentire e startup e sviluppatori di configurare la loro applicazione cloud.

Infine, annotiamo che TIM proseguendo nella sua iniziativa, con il progetto Tim#Wcap Accelerator, ha aperto un fondo speciale per rilevare servizi innovativi delle start up più importanti. (“Affari e finanza, “In sei mesi le start up hanno raccolto 100 milioni”, articolo del 24 ottobre  a ”firma r.rap.).

Buona lettura!

  • Il sole “Cresce del 33% il fatturato delle startup italiane”, 25 ottobre, pag.27 Elena Delfino – Link
  • Da: “Corriere innovazione” del 20 ottobre 2016, estratto da pag.5 Titolo originale: “Crescono le startup del settore, non i fatturati: lo studio I-Com: raddoppiate in due anni, in testa Emilia e Lombardia”, di Massimiliano Del Barba – Link
  • Affari e finanza, “In sei mesi le start up hanno raccolto 100 milioni”, articolo del 24 ottobre
  • Il sole 24 ore” del   23 ottobre, ”Imprese digitali e coesive”, di Stefano Micelli e Paolo Ventura) – Link
  • “La stampa”: “Open innovation. Il sapere condiviso fra startup”

StartUp Innovative: risultati e prospettive

Nei giorni scorsi sono usciti su alcuni giornali finanziari diversi articoli relativi al mondo delle StartUp per illustrarne luci e ombre.

La prima annotazione è relativa ai finanziamenti.

Sono attivi i finanziamenti bancari del fondo di garanzia per le per le PMI, cui è possibile accedere gratuitamente e in modo semplice. La copertura della garanzia è pari all’80% del prestito erogato da un Istituto di credito, per un massimo di 2,5 mln di euro. Marco Ottaviano fa il punto della situazione sul numero delle StartUp finanziate (1239 al 30 settembre 2016), sull’importo dei finanziamenti concessi (oltre 300 mln complessivi per le StartUp innovative al 30 settembre, su un fondo di garanzia di oltre 490 mln) e sul numero delle start-up beneficiarie insolventi (5 casi). (1)

Nel Piano industria 4.0 del Mise è previsto che “le partecipate, in fase di startup, da società quotate (per almeno il 20%), se le perdite si riferiscono ad una nuova attività produttiva, potranno monetizzare le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta di attività cedendole alla capogruppo”. Le detrazioni fiscali vigenti salgono al 30% per gli investimenti in StartUp e PMI innovative. (2)

Si ripete spesso il termine “innovative” a proposito di StartUp: ricordiamo che rientrano in questa fattispecie quelle società (di capitali o cooperative) che “sviluppano, producono e commerciano beni e servizi ad alto valore tecnologico, con un limite fatturato di 5 mln di euro/anno”.

Ad esemplificare il significato del temine innovazione introdotto dalle StartUp, Stefania Aoi nella presentazione dello Smau di Milano, riporta il caso di “congegni digitali (StartUp La Comanda) che ricorda all’anziano di prendere le medicine e avvisa medico e familiare se questo non avviene”, oppure di “aiuto agli imprenditori agricoli (StartUp Evja) per analizzare i dati sull’umidità del terreno, le temperature e per aiutare a decidere come muoversi per migliorare la produttività anche del 20%”. Sono esempi che rientrano nell’ambito della “Fabbrica 4.0”, la fabbrica “sempre più robotizzata e digitalizzata”; ma l’innovazione si estende anche a contesti molto diversi, come commercio, turismo, agricoltura, digital marketing, web design, e-commerce, social media per il business, tecnologie relative alla internazionalizzazione delle imprese.(3)

La seconda annotazione è relativa agli investitori.

Dal 2014 è in continuo aumento il capitale impegnato dagli investitori nelle StartUp innovative, sia come investimento totale che rapportato alla singola startup. Tale risultato potrebbe essere determinato da due fattori congiunti: la maggiore facilità e il minor costo di avvio di questo tipo di impresa (fondi di venture capital, business angel individuali o di gruppo). Oggi in Italia si coglie un fermento di idee e di capitali, questi ultimi anche da parte degli operatori professionali (pure stranieri, attratti dalla creatività italiana e dal made in Italy); ed è più facile l’incontro fra StartUpper e fondi. Sono molto appetibili dagli investitori stranieri le StartUp che operano nei settori automazione, biomedicale e ambiente.

Le startup italiane che fatturano intorno al milione di euro sono già alcune centinaia. (4)

La terza annotazione riguarda i risultati, a proposito dei quali non tutti condividono per le StartUp una visione incoraggiante.

Anche se attraenti, dopo quattro anni dalla loro comparsa, le StartUp innovative sono ancora poche nel quadro imprenditoriale del nostro paese (sono lo 0,38% delle società di capitali: fonte Federnotai). Si tratterebbe di iniziative prese per lo più da giovani che faticano a trovare una occupazione stabile e che aggregano altri soggetti come loro, formando una società che “ha mediamente il quadruplo di soci rispetto alle aziende delle società di capitali”. Secondo la stessa fonte, “il Registro delle imprese a luglio 2016 (dati riferiti a fine 2014) dicono che solo il 43,46% delleStartUp ha conseguito un utile (contro il 61,74 delle società di capitali tradizionali)”.(5)

Con le agevolazioni di cui al decreto “Crescita 2.0”, dal 2012 il numero delle StartUp di questo tipo è aumentato al ritmo di 140/150 al mese; in particolare è brillante il dato relativo alla Lombardia. Ma se a prima vista questi dati entusiasmano, con le StartUp in assoluto parliamo di poche aziende, abbiamo detto lo 0,38% di aziende su 1,5 milioni di Società di capitali. (6) Il tasso di sofferenza per le start up innovative costituite negli ultimi 3 anni ammonta allo 0,3%.

Anche il confronto con i dati analoghi degli altri paesi, per quanto attiene investimenti e numero delle StartUp, risulta deludente. Intanto, secondo quanto riporta Giacomo Susca, le difficoltà che tali imprese incontrano non è molto dissimile da quello delle aziende tradizionali, compresi gli aspetti burocrazia, accesso ai capitali, tassazione. Poi, si constata che la metà di queste nuove aziende “scompare” nel giro di un anno e molte “proseguono barcamenandosi”.

Va rilevato, tuttavia, che il dato non sembra molto dissimile da quanto avviene in altri paesi, come gli Stati Uniti, dove il 50-70% delleStartUp non supera un anno di attività. Danilo Iervolino (Università telematica Pegaso) scrive che “In Italia chi intraprende questa strada, spesso la vede come una scorciatoia per entrare nel mondo imprenditoriale. Però si scontra subito con la dura realtà: non trova sponsor, quando le cose vanno bene nel 70-80% dei casi si raggiunge il pareggio di bilancio non prima di 3 anni. Si chiede di fare innovazione ma non ci sono gli impianti normativi che la favoriscono”.

Infine, ultima annotazione, si sottolinea che risulta basilare il ruolo degli incubatori nelle prime fasi di lancio dell’impresa e degli acceleratori di impresa – attraverso coworking e consulenze – nelle fasi immediatamente successive di ricerca di potenziali investitori. Alberto Fioravanti (Digital Magics) che opera  nel campo della selezione delle StartUp più promettenti per presentarle a potenziali investitori, sottolinea che risulta ovviamente fondamentale la conoscenza dell’area e del mercato cui si intende rivolgersi; nell’area del digitale, ad esempio, per avere successo una StartUp deve avere un impatto su un mercato almeno europeo, non essere cioè limitato a quello italiano.

Nella ricerca dei potenziali investitori, costituisce poi un approccio fondamentale il saper loro spiegare in modo semplice e in pochi secondi la propria idea e chiarire i rapporti che essa ha con tutto ciò che spazia dalla tecnologia al marketing. (7)

Buona lettura!

(1) “Startup  innovative, incubatori certificati:  finanziamenti.” Articolo di Marco Ottaviano, su “Italia Oggi” del 14 ottobre c.a. pag.34

(2) “Al fondo di garanzia subito 1 miliardo”. Da Il Sole 24 ore, pag.9 del 16 ottobre 2016” a firma Carmine Fotina Link

(3) “Investitori e grandi imprese incontrano 200 start up”. Da Affari e finanza” del 17 ottobre 2016, pag.69. a firma Stefania Aoi Link

(4) “Cresce il ruolo di venture capital e business angel”. Da Affari e finanza” del 17 ottobre 2016, pag.70 Link

 (5) “Molti soci e pochi utili, le start up innovative piacciono ma sono ancora troppo poche”; da “Affari e finanza”  del 17 ottobre 2016, pag.61. Link

(6) “Start up innovative in salute”. Da “Italia Oggi”, del 17 ottobre 2016, pag.16 , a firma Cinzia De Stefanis Link

(7) “Uno su mille ce la fa”. Da “Il Giornale” del 17 ottobre 2016, pag. 1,15,16. A firma Giacomo Susca Link

Cina-Italia: novità per le StartUp

Da “Il sole 24 ore” leggiamo e sintetizziamo due importanti articoli sulle StartUp:

H-Farm, alleanza con i cinesi di Qwos per esportare startup italiane”.

La piattaforma italiana di innovazione e acceleratore di imprese H-Farm e la cinese QWos – operatore nell’intermediazione di investimenti cinesi – hanno raggiunto una intesa finanziaria ( il “Marco Polo Accelerator Program”) per facilitare l’ingresso di start up italiane nel mercato cinese.

Il programma prevede:

  • entro fine anno, la selezione di 5-10 start up fra quelle candidate, che dovranno risultare già iscritte alla Camera di Commercio (la richiesta di partecipare alla selezione va presentata entro il prossimo 30 novembre)
  • per il prossimo anno, la realizzazione dell’accordo.

Mentre l’H-Farm provvederà alla preparazione e formazione delle imprese selezionate, la QWos cercherà gli investitori cinesi, “interessati a progetti altamente innovativi” (2,2 milioni di euro per ogni progetto e 4 investitori per ogni start up). QWos, inoltre, affiancherà le start up italiane nell’ingresso del mercato cinese. L’affiancamento agli startupper italiani si attuerà anche con la partecipazione di due studenti Mba della Tsinghua University.

Saranno favorite le start up che punteranno sulla “eccellenza made in Italy

Link all’articolo

Sempre per restare in tema di rapporti Italia-Cina, da “Il Sole 24 ore” del 4.10.2016 vi segnaliamo un altro interessante articolo:

La Cina cerca idee? Maxi investimento sulle start up”.

L’articolo mostra l’andamento degli investimenti in start up effettuati dal governo cinese dal 2010 (9 milioni di dollari) al 2016 (142 milioni di dollari), con oltre 1.500 incubatori fondati in meno di due anni. Un boom di investimenti il cui scopo era quello di affiancare strategicamente, agli investimenti nell’industria nazionale, investimenti nelle PMI del tech. Nel primo semestre 2016, dai fondi venture capital – a fronte di una raccolta di fondi di capitale di rischio di circa 330 miliardi di dollari – sono stati investiti 37 miliardi di dollari in giovani aziende cinesi del settore tech. L’articolo cita i dati di pagamento online Ant Financial, del marchio hardware Xiaomi e Didi.

Il governo cinese, al fine di far crescere iniziative imprenditoriali, dal 2014 ad oggi ha promosso la nascita di 1600 piattaforme hi-tech (in Italia, pur senza voler fare raffronti che sarebbero assurdi, sono state 41).

Marco Mistretta (CEO di IngDan Italia) precisa che i terreni più fertili per le nostre imprese start up “sono il Food e il Fashion, senza trascurare comunque i settori di maggiore interesse realtà virtuale, robotica, intelligenza artificiale, gaming”.

Buona lettura!

Link all’articolo